"Look Both Ways – Amori e Disastri", di Sarah Watt

look both ways
Ripescaggio di un film “indipendente" del 2005, passato per alcuni festival e che ha tutte le carte in regola per uscire in sala, nel periodo più temuto, la fine di giugno. Ma è un piccolo grande film che si limita a pensare l'intimità della vita, condivisa universalmente da uomini e donne. L'ossessione su una vita fatta di inesplicabili variabili che conducono alla morte

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“Amori e disastri” titola qualche (ir)responsabile della vendita: di un ripescaggio si tratta, di un film cosiddetto “indipendente” del 2005, passato per alcuni festival e che ha tutte le carte in regola per uscire in sala, nel periodo più temuto, ossia la fine di giugno, quando inizia l'estate e i cinema entrano in sofferenza. Dai cassetti dei distributori escono allora gli “scarti”, quelli su cui si punta di meno. Così da anni, forse da sempre, a nostra memoria. Il titolo italiano fortemente sgradevole rispetto all'originale, “amori e disastri” (quanto è banale e sufficiente), vorrebbe saltare in un colpo la natura filosofica di quel titolo, che dice: “guarda da entrambe le parti”. Ovvero GUARDA almeno in due modi differenti, guarda oltre la superficie delle cose, abitua lo sguardo ad esplorare lo spazio tempo. Perché un'immagine guardata ha un senso e poi un altro senso e poi un ennesimo significato, un'altra possibilità, sino all'infinito, nello spazio e nel tempo. La fotografia “straniante” di un incidente che appare sulla prima pagina di un giornale è già un fatto rivoluzionario: non rappresenta l'accaduto, il corpo maciullato della vittima, ma il corpo di una donna che reagisce all'evento, nel momento in cui apprende la triste notizia della morte dell'uomo amato. Sarah Watt riprende l'incubo di un suo precedente corto di animazione il cui titolo è tutto un programma, e perfettamente in corda con questo lungometraggio, “Living With Happiness”. L'ossessione su una vita fatta di inesplicabili variabili che conducono alla morte. Per questo il film è spesso attraversato da flussi di immagini memorie, oppure dall'immaginazione “precog” in disegno animato della stessa protagonista Meryl. Tutto quello che può accadere sembra già scritto nell'infinito percorso delle possibilità. L'immaginazione è intrisa del pessimismo radicale verso il futuro che diventa un'ingombrante zavorra per l'esistenza, pregiudicando il presente. Il film ha una spiccata praticità di messa in scena, che rifiuta metafore ed elementi fantastici. Come se la narrazione dovesse trasmettere il sangue e la sofferenza dell'essere umano senza alcuna trasfigurazione a prescindere da un segno forte come il cancro. Dolorosissimo per tre quarti, Look Both Ways, facendo seguito al suggerimento del titolo, e con molta intelligenza, infine cerca un'apertura verso un percorso meno infelice. Si tratta inaspettatamente di un happy end che fa parte anch'esso della vita. Un piccolo grande film che si limita a pensare l'intimità della vita, condivisa universalmente da uomini e donne. E che invita la coscienza a compiere una ulteriore fatica: quella dello sguardo e del cinema.

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Titolo originale: Look Both Ways
Regia: Sarah Watt
Interpreti: William McInnes, Justine Clarke, Anthony Hayes, Lisa Flanagan, Andrew S. Gilbert, Daniela Farinacci, Sacha Horler, Maggie Dence, Edwin Hodgeman, Andreas Sobik
Distribuzione: Fandango
Durata: 100'
Origine: Australia, 2005

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