"Levity", di Ed Solomon

“Levity” è un atto di resurrezione, un ridare letteralmente vita, uno sguardo salvifico e necessario che ricapitola gli estremi di amore e di morte, immaginandoli forse per quello che non sono mai stati.

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Quando Ed Solomon lavorava in un carcere di massima sicurezza, ebbe la possibilità di conoscere un giovane che aveva un ucciso un uomo. Tra i due nacque in breve un dialogo ininterrotto, una confessione reciproca, un'amicizia forse. Il giovane carcerato parlava a Solomon della sua idea di libertà, dei suoi sbagli, e soprattutto della persona che aveva ucciso, da cui era letteralmente ossessionato, tanto da conservare gelosamente in cella una sua foto. La prigione, le sbarre, il dolore, l'impossibile espiazione. La prima parte dell'opera nasce da qui. Da un sussulto appunto, in forma di memoria da accudire attentamente, alimentandosene un po' per volta, con parsimonia e affetto. Il dentro (la prigione in cui è rinchiuso il protagonista, colpevole dell'uccisione di un giovane durante una rapina) è una cella buia, illuminata da un semplice ritaglio di giornale in cui campeggia il volto della propria vittima, il fuori non esiste, se non sotto forma di ricordo sbiadito, indolenzito, rimosso. Manuel Jordan non ha la pretesa di tornare a vivere, ma perlomeno di smettere di morire. La sua è un'apparenza spettrale, un corpo buio abitato dal fantasma di una colpa incancellabile, e ancor di più un occhio che non può che riavvolgersi attorno al perimetro della scena primaria (appunto quella dell'uccisione, rivissuta tramite il flashback), costruendovi un'architettura dolorosa del rimpianto. Solomon ha rivissuto così la stagione della sua amicizia in carcere, con una piccola differenza. In realtà egli non ha più saputo nulla del suo amico. Potrebbe essere morto, potrebbe essere uscito di galera, ma sono appunto ipotesi, fantasie, pura immaginazione. Levity significa leggerezza, ed è il suo esordio alla regia. Non basta. E' un atto di resurrezione, un ridare letteralmente vita, uno sguardo salvifico e necessario che ricapitola gli estremi di amore e di morte, immaginandoli forse per quello che non sono mai stati. Il seguito dunque c'è, anche solo immaginato forse, ma esistente, caloroso, passionale. Il protagonista esce di prigione, torna in una casa cambiata (è stato dentro quasi vent'anni) si (ri)inventa un nome, una professione, un modo di leggere il mondo. Solomon filma un progressivo tornare alla luce, dandogli la forma del ritrovamento (lo spaesamento di Jordan al suo primo esterno reale nell'opera), e della relazione con corpi in grado di regalare una redenzione impossibile. Sono il pastore Miles che gli offre un lavoro all'interno di una comunità di giovani bisognosi, ma anche la sorella dell'uomo ucciso tanti anni prima, che ha non pochi problemi con il figlio. Segni, tracce di vita che tornano nella festa in onore del figliol prodigo che non si è dimenticato della casa del padre, ma che ha semplicemente sbagliato strada, scambiandola per quello che non è mai stata. La spettralità iniziale cambia faccia, si muta in qualcosa di imprevisto, che scombussola i piani, stravolgendo le menti (il rapporto che si crea tra Manuel e Adele, sorella della vittima) e portando i corpi in una dimensione segnata da un campo/controcampo (segno della classicità umanistica di Solomon) in cui il cinema rigenera la vita, proprio là, in quel luogo in cui non esiste più morte, dolore, ossessione. Ma appunto solo leggerezza. Quella dell'amore che si dà. Quella della vita che si riceve.

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Titolo originale: Levity
Regia: Ed Solomon
Sceneggiatura: Ed Solomon
Fotografia: Roger Deadkins
Montaggio: Pietro Scalia
Musica: Mark Oliver Everett
Scenografia: François Séguin
Costumi: Marie-Sylvie Deaveau
Interpreti: Billy Bob Thornton (Emanuel Jordan), Morgan Freeman (Pastore Miles), Holly Hunter (Adele), Kirsten Dunst (Sophia), Dorian Harewood (Mackie Wittaker), Billoah Greene (Don), Lucinda Davies (Trandie), Lucy Robinson (il fantasma), Geoffrey Wigdor (Abner Easley)
Produzione: Columbia Pictures Corporation, Echo Lake Productions, Film Colony, Revelations Entertainment, Studio Canal, Entitled Entertainment
Distribuzione: CDI
Durata: 100'
Origine: USA, 2003

 

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