"Cantando dietro i paraventi", di Ermanno Olmi

Il teatro mima il cinema ed è nella congiunzione fra questi due coordinate che Olmi insinua l'evocazione onirica di un mondo che lentamente prende forma, assumendo i connotati di uno scivolamento fra i due set che però resta intrappolato all'interno di un clima rarefatto e distante.

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Il cinema di Ermanno Olmi rinasce dall'illusione di realtà, dal teatro di ombre cinesi che mimano il mondo, continuando a vivere e a filmare l'interno, in una durata come chiaroscurata. L'incipit di Cantando dietro i paraventi in questo senso nasce come da un fotogramma spezzato in piccole particelle, in grado di praticare senza soluzione di continuità il teatro e il cinema, in una terra di mezzo illuminata da bagliori intermittenti di una luce precaria. Il giovane protagonista, capitato per sbaglio in un bordello (intendeva recarsi invece in un convegno di cosmologia), si ritrova suo malgrado tra mercenarie del sesso a pagamento che lo adagiano su un letto, per farlo assistere poi alla rappresentazione che sta per compiersi. Si parla dei mari della Cina, di una donna che perduto il suo amante (un giovane pirata ucciso a tradimento a causa delle sue continue incursioni in villaggi controllati dal governo), e di un navigatore portoghese (Carlo "Bud Spencer" Pedersoli) che racconta la storia, con fare ora malinconico, ora solenne. Il teatro mima il cinema ed è nella congiunzione fra questi due coordinate che Olmi insinua l'evocazione onirica di un mondo che lentamente prende forma, assumendo i connotati di uno scivolamento fra i due set (quello del racconto narrato e quello del racconto agito in esterni) che però resta come fermo su se stesso, intrappolato all'interno di un clima rarefatto e distante. E' infatti come se Olmi non riuscisse mai ad affrancare veramente la visione dalla pesantezza di una scrittura sin troppo invadente, finendo in questo modo per produrre uno sguardo che staglia sulla prospettiva corpi come imbalsamati (quello della giovane protagonista, quello del suo amante che torna in rapide escursioni fantastiche), ridotti a simulacri sbiaditi di una vitalità che non erompe mai in nessun movimento. Quello di Olmi è un accademismo gelido e artefatto, punteggiato da simbolismi gratuiti (la scena iniziale sul palcoscenico in cui il narratore/navigatore pare sommerso da una terribile bufera, gli aquiloni che nel finale compongono un motivo di riappacificazione e di serenità, ma anche il bordello/teatro che non può non ricordare quello ben più suggestivo del sublime Leone di C'era una volta in America) che soffocano la scena, senza essere mai in grado di spingersi al di là dell'immagine. Se infatti ne Il mestiere delle armi la pianura padana sommersa da una fitta nebbia che confondeva un corpo con l'altro, o anche la vista del corpo morto di Giovanni delle Bande Nere, era il chiaro segno di un'appartenenza astorica e anacronistica, sia pur fredda e calcolata al millesimo, ad un cinema come rivissuto (quello di Dreyer e Bresson in primis), qui Olmi non fa altro che compiacersi del suo stile, peraltro davvero poco inspirato, trincerandosi dietro un'autorialità sempre più lontana dal corpo (quello che ad esempio campeggiava superbo e doloroso ne La leggenda del santo bevitore), incline ad un cinema chiuso in una dimensione autoreferenziata e letteraria, distante mille miglia da ogni tentazione passionale.

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Regia: Ermanno Olmi
Sceneggiatura: Ermanno Olmi
Fotografia: Fabio Olmi
Montaggio: Paolo Cottignola
Musiche: Han Yong
Scenografia: Luigi Marchione
Costumi: Francesca Sartori
Interpreti: Bud Spencer (Vecchio capitano portoghese), Jun Ichikawa (Vedova Ching), Sally Ming Zeo Ni (Confidente), Camillo Grassi (Nostromo), Makoto Kobayashi (Ammiraglio Ching), Yang Li Xiang (Supremo Ammiraglio Kwo Lang), Guang Wen Li (Dignitario imperiale), Ruohao Chen (Emissario imperiale), Davide Dragonetti (Cliente ignaro), Alberto Capone (Cliente militare)
Produzione: Luigi Musini r Roberto Ciccutto per Cinemaundici e Rai Cinema Italia/Pierre Grise Production (Francia)
Distribuzione: Mikado
Durata: 98'
Origine: Italia, 2003

 

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