"L'ultima alba", di Antoine Fuqua

Pronto per un immediato passaggio nelle videoteche, il film del regista di "Training Day" affronta questioni come l'eroismo, la patria, il senso del dovere: argomenti insidiosi, temi in cui la retorica rappresenta un agguato per il cinema di genere

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Nel nuovo Salvate il soldato Ryan (e nell'Africa di Black Hawk Down), l'uomo da togliere dai guai ha le forme di Monica Bellucci e si chiama dottoressa Kendricks: cittadina americana, medico presso una missione cristiana nel cuore della Nigeria, è in pericolo a causa del rovesciamento della democrazia da parte di militari ribelli che hanno intrapreso una feroce politica di pulizia etnica; è per questo che un commando di marines, agli ordini del tenente Waters (Bruce Willis), viene incaricato di portarla in salvo.
Politica, eroismo, patriottismo, pietà, senso del dovere – questioni in cui la retorica è dietro l'angolo, e che molto spesso rappresentano un agguato per il cinema di genere  – sono argomenti più insidiosi del "corruzione e droga a Los Angeles" che Fuqua aveva affrontato in Training Day. La sensibilità visiva dell'ex regista di clip musicali e pubblicitari si intravede nella sequenza posta a metà film, in cui il commando di marines interviene in aiuto degli abitanti di un villaggio indigeno, massacrati dai soldati ribelli: nella semioscurità, aggressori, vittime e liberatori si confondono, come confusi sono i limiti che separano il bene dal male. Per il resto, Fuqua si disperde nell'evidente obbedienza a diktat di produzione, che predispongono il film per un subitaneo approdo sugli scaffali dei videonoleggi: i colpi di machete, con i quali i ribelli fanno strage dell'etnia a loro contrapposta, fanno eco ai colpi di accetta con i quali sono distribuiti i luoghi comuni tra una sequenza e l'altra: dal "che dio ti protegga" al "sei un uomo e devi tirare fuori le palle", al finale con "arrivano i nostri" incorporato, passando per un azzardatissimo "è un paese straniero, non possiamo interferire con i suoi affari interni", che è a dir poco irriguardoso (chissà cosa recita la versione originale). Fasulla la giungla africana (il film è girato alle Hawaii), coreografica e patinata; fasulla la protagonista (troppo chic nel portamento, troppo scollata, con troppo trucco per essere una dottoressa che opera in un ospedale da campo, nel cuore del continente nero); rimane Bruce Willis, impossibilitato però a mostrare il suo lato ironico, e a completare l'evoluzione psicologica del personaggio di Waters, che da acritica macchina da guerra si trasforma in essere umano, senziente e raziocinante.

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Titolo originale: Tears of the Sun
Regia: Antoine Fuqua
Sceneggiatura: Alex Lasker, Patrick Cirillo
Fotografia: Mauro Fiore
Montaggio: Conrad Buff
Musica: Hans Zimmer
Scenografia: Naomi Shohan
Costumi: Marlene Stewart
Interpreti: Bruce Willis (Ten. Waters), Monica Bellucci (dott.ssa Kendricks), Tom Skerritt (Cap. Bill Rhodes), Chad Smith (Jason 'Flea' Mabry), Cole Hauser (Atkins), Fionnula Flanagan (suor Grace), Paul Francis (Doc), Eamonn Walker (Ellis 'Zee' Pettigrew), Charles Ingram (Demetrius 'Silk' Owens), Nick Chinlund (Michael 'Slo' Slowenski)
Produzione: Michael Lobell Production, Cheyenne Enterprise Production
Distribuzione: Medusa
Durata: 120'
Origine: Usa, 2003


 

 

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