"L'ultimo samurai", di Edward Zwick

Nel godibile "L'ultimo samurai" si registra l'intenzione di ricostruire gli ambienti con eleganza e una certa adesione alle trasformazioni storico-sociali in atto, mantenendosi così dignitosamente nel solco delle opere che prediligono una certa verosimiglianza nella ricostruzione della leggenda

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Edward Zwick, già regista di otto film e produttore di Shakespeare in love, con L'ultimo samurai realizza il suo progetto più ambizioso e paga il pegno all'amato Akira Kurosawa, anche se l'epicità del film ha delle fonti letterarie piuttosto precise, come Conrad e Melville, e riferimenti cinematografici come Lawrence d'Arabia; inoltre, questo super-kolossal è stato influenzato, nella realizzazione, dalla filosofia del protagonista Tom Cruise, che assieme a Zwick ha consultato dozzine di libri sui samurari, a cominciare dal Bushido, il loro codice morale e letterario. L'attore americano, con kimono e barba vera, è il capitano Nathan Algren, reduce della Guerra civile, il quale, sconcertato dallo sterminio dei pellirosse nel suo paese, decide di offrire il suo servizio all'imperatore del Giappone: egli addestrerà le sue truppe, in una sorta di redenzione personale e collettiva verso le ingiustizie perpetrate dal suo paese. Nelle intezioni, egli vorrebbe sostituire i samurai medioevali creando a loro posto guerrieri armati di fucile. Ma rimarrà affascinato dai samurai come lo era stato dal coraggio dei pellirosse, e, salvato in battaglia dal nemico Ktsumoto e curato da Taka, vedova di uno dei samurai che egli ha ucciso, Algren riscopre l'arte dell'onore imparando a conoscere lo zen e il Bushido. Film etnico, riveduto secondo la moderna effettistica epico-romantica (il coreografo è lo stesso di Braveheart), rappresenta per Cruise un film-bandiera un po' come Balla coi lupi lo era stato per Kevin Kostner. Si respira nel film, elegante e avventuroso, girato con mano sicura da un regista che ama le tinte forti e i confronti solenni, una certa aria di moderno revisionismo, come quando Algren definisce il generale Custer: "Un assassino innamorato della sua leggenda". L'ultimo samurai riconduce, senza facili citazionismi, agli scorci di battaglie che richiamano Kurosawa, ma soprattutto ad un clima cinematografico in cui è forte la ricerca dell'onore, ovvero la riscoperta da parte dell'ufficiale Nathan Algren dei valori perduti. Come succedeva al capitano Jack Blackthorne di Shogun, l'esilio in un altro paese rappresenta l'occasione per ritrovare la fede nei valori perduti e ricuperare il senso di un passato in cui il protagonista aveva investito tutto se stesso. Ispirato ad un personaggio di finzione chiamato Katsumoto, ovvero a Saigo Takamori, "l'ultimo samurai", cui è stato reso omaggio con una statua nel parco Ueno di Tokyo, il film diretto da Edward Zwick ha comportato 120 giorni di riprese nelle location di tre diversi continenti (Giappone, Nuova Zelanda e America), varie interruzioni dovute ad esempio alla necessità di importare in nuova Zelanda 500 comparse dal Giappone, per un costo complessivo di 140 milioni di dollari. Naturale che questa cifra debba essere recuperata, e infatti si parla già di Tom Cruise quale probabile premio Oscar per l'interpretazione del capitano Algren e ci si perda in sofisticate analisi, qualche volte indotte dal marketing, sui rimandi iconografico-letterari tra questo film e la saga de Il signore degli anelli. Un gioco al quale preferiamo sottrarci, ma nondimeno nel godibile L'ultimo samurai si registra l'intenzione di ricostruire gli ambienti con eleganza e una certa adesione alle trasformazioni storico-sociali in atto, mantenendosi così dignitosamente nel solco delle opere che prediligono una certa verosimiglianza nella ricostruzione della leggenda (quando non della storia). La scenografa Lily Kilvert ha studiato l'architettura e la cultura giapponesi del 1870, controllando a fondo le costruzioni nelle diverse location neozelandesi, giapponesi e americane. Ne risulta complessivamente l'immagine di un Giappone in fase di transizione, dove un antico risciò corre a fianco dei fili del telefono, mentre le tradizionali pareti scorrevoli in carta si trovano a due passi dalla costruzione in cemento. Un cinema divagatorio, certo, ma che conserva un gusto e una classe evidenti, seppure all'interno di un co-produzione che esibisce tutto il suo gigantismo.

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Titolo: The Last Samurai


Regia: Edward Zwick


Sceneggiatura: John Logan, Marshall Herskovitz, Edward Zwick


Fotografia: John Toll


Montaggio: Steven Rosenblum, Victor du Bois


Musica: Hans Zimmer


Scenografia: Lilly Kilvert


Costumi: Ngila Dickson


Interpreti: Tom Cruise (Nathan Algren), Timothy Spall (Simon Graham), Billy Connolly (Zebulon Gant), Ken Watanabe (Katsumoto), Hiroyuki Sanada (Ujio), Koyuki (Taka), Tony Goldwyn (colonnello Bagley), Schichinosuke Nakamura (l'imperatore), Shun Sagata (Nakao)


Produzione: Radar/Bedford Falls/Cruise-Wagner prod/Edward Zwick


Distribuzione: Warner Bros. Italia


Durata: 144'


Origine: Usa, 2003


 

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