"La mia vita senza me", di Isabelle Coixet

La malattia "espansiva" interferisce e si sovrappone tra il mondo esterno e quello interno dando un senso a quanto accade e per definire la propria personalità. Cinema che si fa identità di genere sulla soggettività femminile: il corpo, l'affettività, l'esclusione, come base di un "io" disperso, pronto a costituirsi e disfarsi senza posa.

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Scoprire che tutta la vita è stata un sogno/incubo e svegliarsi alla scoperta di un male che pervade il corpo, collide con quel senso profondo di estraneità e di isolamento esistenziale, mantenendo uno stato di innocenza originaria da permettere di porsi al di sopra della morale comune, al di là del bene e del male. A ventitré anni si è troppo giovani per morire e si ha una lista lunga di cose da fare. Con due figli, un marito spesso disoccupato, una roulotte come casa, la gioventù negata è il "prologo" di una disperata resistenza a non lasciarsi omologare (il tumore è tenuto nascosto) in alcun sistema e nella ricerca di conservare intatta, la propria libertà: è l'amara raffigurazione del percorso umano. La malattia "espansiva" interferisce e si sovrappone tra il mondo esterno e quello interno dando un senso a quanto accade e per definire la propria personalità. Cinema che si fa identità di genere sulla soggettività femminile: il corpo, l'affettività, l'esclusione, come base di un "io" disperso, pronto a costituirsi e disfarsi senza posa. La catalana Isabelle Coixet (Le cose che non ti ho mai detto, 1995) non incarta questa volta la sua storia nelle situazioni emblematiche, nei piccoli particolari d'inconcludente funzionalità. I dettagli, le voglie, le richieste, stavolta, alludono ad uno "pseudo-iterativismo": certi eventi, apparentemente consueti ritornano straordinari e unici.  Quel tono minimalista, referente di un certo tipo di cinema indipendente americano, sembra trovare un più ampio respiro e una più convincente ispirazione. Stilemi di fabbrica come l'inquadratura frammentata al suo interno senza cambiare il punto di ripresa (jump cut), o il passare del tempo sottolineato da differenti condizioni luministiche, non tornano ad appesantire e amorfizzare il tutto. Le anacronie interne sistemano il tempo sui piani del discorso e non del racconto. Ann (Sarah Polley) si vede sotto la pioggia, narra i cambiamenti desiderati già in corso e quando ormai lei non c'è più. La morte non sopraggiunge lentamente perchè si è già rivelata agli occhi ignari di chi vive al suo fianco.

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Titolo originale: Mi vida sin mi


Regia: Isabelle Coixet


Sceneggiatura: Isabelle Coixet


Fotografia: Jean Claude Larrieu


Montaggio: Lisa Jane Robison


Musiche: Alfonso De Villalonga


Scenografia: Carol Lavallee


Costumi: Katia Stano


Interpreti: Sarah Polley (Ann), Amanda Plummer (Laurie), Scott Speedman (Don), Leonor Waiting (Ann, la vicina), Deborah Harry (madre di Ann), Maria De Medeiros (la parrucchiera), Mark Ruffalo (Lee)


Produzione: El Deseo, Milestone Productions


Distribuzione: Warner Bros Pictures


Durata: 101'


Origine: Spagna/Canada/USA, 2003

 


 


 


 


 


         


 


 


 


 


 


 

 

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