"Pornocrazia", di Catherine Breillat

Ripetendo l'errore di prendere con eccessiva seriosità melò il suo approccio femminista e misogino insieme alla pornografia e al voyeurismo, l'ossessivo-compulsiva regista francese ripropone i luoghi comuni del suo cinema: rapporti di amore-odio e brutali, inconcludenti finali choc… la minestra è sempre quella e l'aria fritta e rifritta pure

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Chi l'avrebbe mai detto che un giorno l'avremmo visto gay e ingenuamente e disgustosamente stupito nell'osservare un pube femminile? Lui, Rocco Siffredi, che con i suoi 24 centimetri e la sua "ars amatoria" ha dominato il mondo del porno fino a ieri. Dopo Romance, la Breillat prende in prestito ancora una volta il re dell'hard europeo (che, 40enne, ha deciso di ritirarsi dal suo "impero dei sensi") per proseguire in un'ennesima, approfondita, quanto disgustosa (come un rito sacrificale), esplorazione dei corpi. Ripetendo, così, l'errore di prendere con eccessiva seriosità melò il suo approccio femminista e misogino insieme alla pornografia e al voyeurismo, l'ossessivo-compulsiva regista francese ripropone i luoghi comuni del suo cinema: rapporti di amore-odio e brutali, inconcludenti finali tragicamente choc… la minestra è sempre quella e l'aria fritta e rifritta pure. Insomma si parla con supponente arguzia e colti, filosofeggianti fraseggi che cadono in un vacuo, inconcludente straparlare sul sesso, l'amore, la natura umana e si ricade spesso nel ridicolo involontario tentando vagamente di rievocare laceranti kammerspiel "all'Antonioni", senza contare un'invadente quanto inutile voce-off che vorrebbe guidarci, ma alla scoperta di cosa non si sa. La bellezza figurativa (Siffredi sul ciglio dello strapiombo col mare potentemente agitato) è sempre merito delle luci del greco Yorgos Arvanitis, operatore di Anghelopulos, ma rimane contributo tecnico fine a sé stesso perché al servizio di un occhio che non sa reagire e far reagire il nostro sguardo interiore come mostra la protagonista Amira Casar che si prostituisce al contrario (paga lei), adagiandosi sul letto in una posa che vorrebbe vanamente evocare le magnifiche curve della "Maya desnuda" di Goya o quelle ne "L'origine del mondo" di Courbet e colpita da luci che ambirebbero a una pregnanza caravaggesca ma non sollevano alcuna emozione. Anche se bisogna ammettere che in questa terza esperienza "istituzionale" (non dimentichiamo AmorEstremo di Maria Martinelli) Siffredi occulta meglio la sua inseparabile espressione da pesce lesso, per immaginare un suo definitivo passaggio al cinema "serio" dovremmo sempre puntare lo sguardo in una direzione dove "non si può guardare".

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Titolo originale: Anatomie de l'enfer


Regia: Catherine Breillat


Soggetto: Catherine Breillat, dal suo romanzo "Anatomie de l'enfer"


Sceneggiatura: Fátima Ribeiro


Fotografia: Yorgos Arvanitis, Guillaume Schiffman, Miguel Malheiros, Susana Gomes


Montaggio: Pascale Chavance, Frédéric Barbe


Scenografia: Pedro Sá Santos, Jean Marie Milon, Paula Szabo


Costumi: Valerie Guegan, Betty Martins


Interpreti: Amira Casar, Rocco Siffredi, Alexandre Belin, Manuel Taglang, Jacques Monge,  Claudio Carvalho, Carolina Lopes, Diogo Rodrigues, João Marques, Bruno Fernandes, Maria Edite Moreira, Maria João Santos, Pauline Hunt (controfigura Amira Casar)


Produzione: Jean-François Lepetit


Distribuzione: Sharada


Durata: 77'


Origine: Francia, 2002

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