TORINO 21 – "Nadar solo", dell'Argentina e della gioventù (concorso)
La forma quasi diaristica paralizza narrativamente tutta la prima parte del film nonostante la vivacità dei dialoghi. Forse questo film sarebbe piaciuto a Truffaut. Si ritrovano qua e là resti e pezzi nobili della poetica del regista francese e, ci accorgiamo che il suo cinema è diventato ormai patrimonio culturale globalizzato
È molto lungo l'elenco dei ringraziamenti di Ezequiel Acuña prima della proiezione, nella sezione del Concorso, di questo suo Nadar solo (Nuotare da solo), dai genitori a Vincenzo Marra e Marco Bechis, da Salinger alla sua ex ragazza che, giura, pubblicamente, di amare ancora profondamente.
Negli ultimi film che ci arrivano dall'Argentina i protagonisti viaggiano molto, viaggiava il disoccupato di Tropero in Mondo grua, viaggiavano le protagoniste di Tan de repente di Lerman e anche Martin, il personaggio di questo film, ad un certo punto intraprende il proprio cammino.
Lui è un ragazzo di buona famiglia, a scuola non è una cima, ma ama la musica e col fido Guille forma un piccolo gruppo musicale. Non è un ragazzo perduto, non si droga, non beve e vive una normale, noiosa, vita assillata però dal pensiero del fratello scappato di casa qualche anno prima.
Acuña lavora molto bene sul suo personaggio, riuscendo a tradurre le incertezze giovanili di Martin in false e sfrontate sicurezze, complice la bravura del giovane attore (Nicolás Mateo) che imprime al volto del protagonista una rara originalità recitativa.
La forma quasi diaristica della descrizione della quotidianità di Martin paralizza narrativamente tutta la prima parte del film che, nonostante la vivacità, e una certa originalità, dei dialoghi, risente dell'assoluta assenza di drammatizzazione rendendo, a volte, la vicenda stagnante e senza un visibile sbocco.
Poi, un giorno, Martin parte per Mar del Plata alla ricerca del fratello Pablo e incontra Luciana sorella di un amico dello stesso Pablo.
Si fa strada tra i due un sentimento che Acuña sottolinea senza enfasi, ma con occhio discreto e benevolo. Sono i piccoli gesti del quotidiano, i gusti comuni in fatto di caramelle al lampone, che sommessamente raccontano del farsi strada del sentimento tra i due ragazzi.
Ha ragione il suo autore quando dice che questo è un film che ha molti debiti e a visione ultimata si comprendono i molti ringraziamenti. Ne manca forse uno soltanto, quello a Truffaut, a cui, forse questo film, pur imperfetto, sarebbe piaciuto. Si ritrovano qua e là resti e pezzi nobili della poetica del regista francese (i personaggi, certi tagli dell'inquadratura, la solidarietà giovanile tra Martin e Guille, i dialoghi e l'ultima parte sulla spiaggia con Luciana) e, ci accorgiamo che il suo cinema è diventato davvero patrimonio culturale globalizzato e quanto più metabolizzato (come nel caso di Ezequiel Acuña), tanto più assimilato da non riconoscerlo più come altro da sé.
Regia: Ezequiel Acuña
Soggetto e sceneggiatura: Ezequiel Acuña e Alberto Rojas Apel
Fotografia: Octavio Lovisolo
Scenografia: Josefina Azulay
Montaggio: Sergio Flamminio
Musica: Jaime Sin Tierra, Marcelo Ezquiaga
Suono: Javier Farina, Santiago Morone
Interpreti: Nicolás Mateo (Martin), santiago Pedredo (Guille), Antonella costa (Luciana), Tomás Fonzi (Tomas), Mónica Galán (Lucia), Manulel Callán (Roberto).
Produttore: Diego Dubcovski, Daniel Burman, Ezequiel Acuña
Produzione, vendita all'estero: ED CINE