(alla fine) del cinema di Antonioni e Bergman

Sono morti nel giro di ventiquattr'ore Bergman e Antonioni. Due pezzi di cinema della nostra vita di spettatori. Un cinema a dimensione umana. Cineasti che filmavano uomini e donne, anzi dovremmo dire donne e uomini, perché Bergman e Antonioni hanno davvero scombussolato le coordinate dell'immaginario maschile, laddove hanno figurato donne caparbie in grado di ribellarsi all'ottusità di uno sguardo dominatore.

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Sono morti nel giro di ventiquattr'ore Bergman e Antonioni. Due pezzi di cinema della nostra vita di spettatori più assorti di altri. Purtroppo c'è chi non ha mai visto un solo film di Bergman e Antonioni. Qualcuno ha sospettato che fosse morto Antognoni (famoso calciatore). Ed è tutto dire. Non per sentirci dalla parte di un'inutile nicchia colta. Ma per confermare il sospetto che si sta avverando proprio con la morte di due grandi artisti: la sensazione di una percezione ormai nebulosa, vaga non solo dei due cineasti, ma di un cinema che è stato, anzi che fu e non può più essere. Un cinema a dimensione umana. Che è poi l'impossibilità di essere del cinema mainstream commerciale attuale. Per carità, le simbologie e le retoriche contemporanee guardano in fondo all'uomo. Perfino l'autoreferenzialità cinefila di Tarantino, ancorché semplice gusto per il cinema, è nondimeno espressione di corpi, caratteri, personaggi. Così il novantacinque per cento del cinema contemporaneo segue qualche ossessione che è diventata ormai esaurita, stretta (per il perimetro del solo schermo), pensiamo a Hostel, che può interessarci per altri segni collaterali, che non per il grado di splatter.
Bergman e Antonioni invece filmavano uomini e donne, anzi dovremmo dire donne e uomini, perché l'universo femminile con loro aveva una forza dialettica pari solo a quella di certe cineaste (pensiamo vagamente alla Campion). Insomma uomini e donne finivano per lottare da pari a pari. A volere ricordare solo questo aspetto del loro cinema certo si prova un po' vergogna. Però Bergman e Antonioni hanno davvero scombussolato le coordinate dell'immaginario maschile, laddove hanno figurato donne caparbie in grado di ribellarsi all'ottusità di uno sguardo dominatore.

 

Bergman ha lavorato più sul lato dello scontro tra dialettiche maschili e femminili, pensiamo a Scene da un matrimonio. Lì abbiamo due corpi, due espressioni che lottano, eppure finiscono per stare insieme al di fuori del mondo esterno. Due isole che si incontrano in questa negazione, nell'impossibilità di accettare il vissuto come solo tratto caratteristico della propria vita. Non tanto il sogno, che di onirismo è pieno il cinema di Bergman, ma sempre cupo ed avvolto dalla "realtà", piuttosto l'assenza, il non essere, non aderire pienamente. Quindi la scissione, la frattura, del resto già a partire dal sé, come dimostra Persona. In Scene da un matrimonio, i due protagonisti rifiutano il proprio vissuto o meglio lo accettano solo come conseguenza irrazionale delle azioni compiute. Ed infine si incontrano, fanno l'amore, per suggellare la possibilità di un'altra vita. Che è poi la vera ossessione di Bergman: che cosa è in fondo la nostra vita così come l'abbiamo vissuta secondo anche la cultura sociale, collettiva. Bergman insomma filma quasi sempre la presenza ingombrante della fisicità, per non parlare poi della degradazione corporea fino alla decomposizione del cadavere (la crudezza di Bergman riguardo agli odori, ai liquidi corporei può paragonarsi tiepidamente ai vari Cronenberg, Greenaway che sono iperrealisti e fantastici, e anche virtuali). Il surrealismo di Bergman certo ricorda Bunuel, anche se in una versione più moderata: il sogno all'inizio di Il posto delle fragole è terrificante quanto il taglio dell'occhio in Un chien andalou.


Antonioni invece ha filmato l'assenza. Già nelle espressioni dei protagonisti c'era una voglia di assenza. Si è detto incomunicabilità, ma quest'ultima – cosa che non hanno capito molti superficiali lettori delle loro filmografie – era già assodata. Era un dato di fatto. Entrambi cercavano di ricucire, di riunire i pezzi sparsi. Pazienza se invece i cocci di questo vaso di Pandora erano molto più dispersi di quanto si immaginava. Antonioni poi partiva da un atto genuino di documentazione, pensiamo a Gente del Po e Nettezza urbana, i suoi due primi film e a poco a poco sembra che si trovasse di fronte alla necessità di una trasfigurazione più o meno graduale del paesaggio, che però non mancava, dopo questa trasfigurazione, di essere meno reale, anzi di essere coalescente con la realtà, proprio a partire dalla serie di elementi che inseriva, compresa il movimento fin troppo virtuoso della macchina da presa, nell'orizzonte dello spazio scenico.
Sia Bergman che Antonioni hanno comprovato più volte e magari senza neanche volerlo, l'inutilità della psicologia e della psicoanalisi. Infatti, i loro personaggi possono essere psicanalizzati quanto volete, ma i recinti delle categorie freudiane e così via, non potranno esser elevati tanto facilmente. Che dire della Massari che scompare a Lisca Bianca? L'avventura è proprio l'assenza di un corpo di fronte al paesaggio che muta nonostante l'uomo (Ritorno a Lisca bianca): la sparizione del set. Il paesaggio avanza e basta, è consustanziale ai corpi. Sia Bergman che Antonioni hanno una visione del tutto impressionistica dell'ambiente. Non c'è un paesaggio che non sia dell'"anima" e viceversa, un'anima che non sia particolare paesaggio.
Non sappiamo quanto ci mancheranno Antonioni e Bergman. Cinicamente diremmo quasi nulla, visto che hanno raggiunto entrambi quell'età ragguardevole in cui veramente la loro esistenza si può considerare felicemente compiuta e considerato la bellissima filmografia che hanno prodotto e ci lasciano. Lo dimostra il fatto che sia Antonioni sia Bergman hanno continuato a sognare cinema, nonostante tutto, malattie e vecchiaia. Adesso impauriti ci guardiamo attorno più che altro per individuare degli eredi nel cinema di oggi. L'ottimismo ci fa dire che esistono nuovi autori (e diciamolo… ), ma dovranno lottare molto di più contro i sogni banali della "gente", per ottenere lo stesso risveglio che meravigliosamente provocava il cinema di quei grandi.

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