EDITORIALE – Casa Vianello… quella della libertà

raimondo vianello scende in campoLa retorica si spreca su un uomo che in vita l’ha sempre combattuta, e allora catapultiamoci nella sit-com di “Casa Vianello… quella della libertà”, dell’outing politico, in cui la seduzione è sempre riferita al male e non riguarda mai la natura, ma l’artificio. Il berlusconiano Vianello è tra i simboli nazionali più estremi della “civiltà dell’immagine”, che si scopre essere invece l’epoca del furto dell’immaginario

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raimondo vianello scende in campo “Che barba, che noia…”, immaginiamo avrebbe ripetuto all’estrema unzione Raimondo Vianello, prendendo in prestito, per una volta e mai più, la celebre frase della moglie, scalciante sotto le lenzuola.  La retorica si spreca su un uomo che in vita l’ha sempre combattuta, e allora catapultiamoci nella sit-com di “Casa Vianello… quella della libertà”, dell’outing politico, in cui la seduzione è sempre riferita al male e non riguarda mai la natura, ma l’artificio. Il berlusconiano Vianello è tra i simboli nazionali più estremi della “civiltà dell’immagine”,  che si scopre essere invece l’epoca del furto dell’immaginario. Ogni episodio, se pur eclatante, è fine a se stesso, e raramente vi sono dei richiami da una puntata all’altra. La trama non è una sola che avanza, ma neanche poeticamente frammentaria, dispersiva, depistante. Ci si immerge semplicemente nella bolla di una sola ambientazione o poche altre, generalmente al chiuso, nel fortino del silenzio assordante. Rapidamente nascondiamo la polvere sotto il tappeto e Vianello ha sempre trovato il modo di beffegiarci, nonostante la sua libertà vigilata e l'indiscussa fedeltà al padrone di casa. Ha domato la censura, servendo con geniale spensieratezza tra i luoghi comuni dello spettacolo, ha pagato l’affitto puntualmente senza mai però partecipare alle strette riunioni di condominio, proprio come farebbe il Presidente della Camera, intento a leggere le notizie sportive e a chiedere di essere lasciato in pace, sperimentando nuove soluzioni per fuggire con lo sguardo trasognante e disincantato. Un attore vero, memorabile, tenuto a bada, felice di (non) recitare in ogni istante, senza chiedere come è andata o magari chiedere di girarne un’altra… di vita. Nell’indefinito unico palcoscenico, dove si mescolano lacrime, risate e spintoni, il padrone di "casa vianello" deve fare i conti oggi con dei condomini ribelli, semplicemente “pentiti” o solo innocuamente rumorosi, che chiedono di più, magari di aprire al genere “telefilm”, dal titolo: la destra che manca. Raimondo Vianello forse però ha provato in tutti modi, o a modo suo, ad indicare la destra satirica, ma gli uomini di spettacolo veri non vanno cifrati, vanno forse condannati ad un’esistenza di incongrue libertà, come poter dare un calcio definitivo alla noia e magari ad un pallone, giocando

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lite fini berlusconianche contro la squadra del cuore e indossando la divisa dei cugini di casa. Il padrone di casa al funerale di "casa vianello" e a quello (forse) della casa della libertà, in due tornate ha regalato, alla nostra ormai avvizzita volontà immaginifica ed espressiva, i sacrifici del ludico e del mitico. Dalla casa della libertà l'angelo caduto avrebbe tradito perchè non smetterebbe di anelare alla trascendenza, dalla casa vianello invece l'angelo caduto è una meravigliosa "macchia umana", l'irriducibile verità che l'essere umano più vero rimane un enigma. E quando scorgi Silvio Berlusconi piangere insieme a una disperata Sandra Mondaini, la sit-com si fa soap opera e si apre una speranza di redenzione, consegnata però, naturalmente, non più alla fede politica, alla morale e all'etica, ma alla cruenta immagine del tempo che passa e forse al cinema del movimento perpetuo e salvifico.

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    Un commento

    • bell'editoriale. mi sfugge il senso dell'espressione "La trama non è una sola che avanza, ma neanche poeticamente frammentaria, dispersiva, depistante." proprio a livello grammaticale.