EDITORIALE – I mostri
Di Furio Scarpelli, meraviglioso sceneggiatore e soprattutto vignettista dei suoi scritti, scomparso alcuni giorni fa, si dovranno cominciare ad utilizzare anche le scorie. Il mondo messo a “fuoco”, potrebbe essere l'ultima sua grande opera: antirealista e non idealista, equilibrista che a volte faticava a superare le allucinazioni in cui si vedevano più cose rispetto a quelle che esistevano, a volte però preferiva le miopie, che ne facevano vedere troppo poche. Da Ridere! Ridere! Ridere!
Di Furio Scarpelli, meraviglioso sceneggiatore e soprattutto vignettista dei suoi scritti, scomparso alcuni giorni fa, si dovranno cominciare ad utilizzare anche le scorie (non quelle atomiche), se si vuole trovare qualcosa di nuovo da dire e andare quindi in là delle solite belle parole consumate. Se il peccatore pentito è il prediletto del Signore, allora bisogna fare in fretta e salire sul carro di chi ha sempre amato e osannato questa matita fatta di penna. Dunque le scorie di Scarpelli, con i suoi mostri, i suoi buoni, brutti e cattivi, le sue armate Brancaleone, che ogni tanto si appiattivano in momenti fugaci di cinematografia non all'altezza della scrittura, come se certi spiriti affini al nostro comune sentire non trovassero sempre la strada per formulare smisurati progetti, poetici, surreali e lunari. Scarpelli ha occultato la sua grandezza di spirito con il paradosso, con la provocazione e il non-sense. Ma il suo non-sense aveva un chiaro senso, anzi chiarissimo, quando veniva usato per ridicolizzare la regola ed anche l'antiregola, nel momento in cui diveniva potere. Avrebbe a avrà riso, magari abbozzando un'altra storia di mostri, alla notizia che a Renato Vallanzasca, ex capo della mala milanese degli anni '70 (condannato a 4 ergastoli), alcune settimane fa gli hanno rubato la bicicletta regalatagli, per andare a lavoro dal carcere di Bollate, con un permesso speciale. “Non c'è più religione”, avrebbe commentato il pluriomicida. Una sorta di “Ladri di biciclette”, tra soliti ignoti, scivolando inesorabilmente dal neorealismo alla commedia all'italiana, protagonista il bel Renè, come Vittorio Gasman, da poco in libertà vigilata e impiegato in una cooperativa di pelletteria, che da lavoro ad ex detenuti. E' qui la festa dei lavoratori, che restano in galera per anni fino a che non si liberino nuovi posti. Il medico e lo stregone: c'è un uomo che campa d'aria in India, un certo Prahlad Jani, 82 anni, che da oltre70 non tocca cibo, grazie alla meditazione e all'ascetismo praticato. Le streghe: ci sono anche 8 donne “intoccabili” indiane, semianalfabete, che hanno aperto un giornale per denunciare le angherie che tuttora la loro non-casta subisce, il Khabar Laharya. Per distribuire le 4000 copie del giornale, le donne percorrono almeno 10 Km a piedi ogni giorno, combattendo così un sistema che difende ancora le 4 caste sociali esistenti. Provare a rileggere Furio Scarpelli in chiave avventurosa, immaginando un futuro ultraumano, quello nascosto nelle sue storie, perdendosi in questi giorni magari nei film di Georges Méliès (in vendita con un noto settimanale e musicati da jazzisti italiani), sbarcando sulla luna stuprando e dissacrando un simbolo mitologicamente intangibile, con l'occhio della luna deflorato da un fallico razzo che svela un velo psichico, mistificazione riassunta dal mito della luna sacra e inviolabile, proprio come nella Casta Diva di Bellini (adattamento cinematografico sceneggiato