Cinema, una ferita italiana

Festival di Roma

La polemica sulla mancata selezione da parte del Festival di Roma del documentario Tortora, una ferita italiana di Ambrogio Crespi, è l’ennesima intrusione della politica nel cinema, ormai vero e proprio strumento di marketing. Il cinema italiano dovrebbe, come ha ben fatto Gianluca Arcopinto, dire NO a questa intromissione e difendere l’autonomia delle Direzioni Culturali dei Festival.

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Festival di RomaMentre il cinema italiano vive una delle sue stagioni di maggior crisi economica e culturale, la Politica, invece di pensare a come sostenere e rilanciare l’industria culturale e la diffusione dei film (sale che chiudono ogni giorno, nessuna strategia per governare e favorire la “moltiplicazione" degli schermi delle nuove tecnologie), non trova di meglio che infilarsi dentro una polemica, quella sul film “Tortora, una ferita italiana' di Ambrogio Crespi.  Film che non è stato selezionato dal Festival di Roma, ma che alcuni parlamentari hanno invece chiesto a gran voce di proiettare ugualmente, operando un “pressing mediatico” nei confronti di Marco Muller, sempre grazie all’aiuto dei media compiacenti, di cui alcuni non aspettavano altro che trovare un qualche elemento per attaccare la Direzione del Festival, dopo le polemiche dello scorso anno.

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Non abbiamo ancora visto, ovviamente, il film di Crespi, alias Mr.Blog, che nei mesi scorsi era stato anche in carcere (poi rilasciato dopo ben 200 giorni) con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio (Per saperne di più sul personaggio potete leggervi questo articolo)  E la sua storia giudiziaria è sicuramente alla base della volontà di raccontare quello che ritiene un illustre precedente, ovvero l’arresto di Enzo Tortora.

 

Ma il problema non è certo né la qualità del film, né del personaggio Crespi. Il problema è l’autonomia di chi dirige un evento culturale. Se accettassimo che dei parlamentari, sostenuti da qualsivoglia gruppo di pressione, intervenga nelle scelte di un Direttore di un Festival (che sui film italiani già deve ogni volta sostenere le pressioni dei vari potentati del settore), avremmo decretato definitivamente la morte dei Festival di Cinema così almeno come li abbiamo conosciuti e apprezzati, dagli anni Settanta in poi.  E sanciremmo che l’intervento sulle lobby parlamentari divenga strumento per il marketing dell’industria cinematografica (perché spendere soldi per una campagna promozionale se mi bastano qualche parlamentare che le spara a destra e sinistra per finire su tutti i giornali e tv?).

 

Per questo non possiamo non essere d’accordo con quanto scrive Gianluca Arcopinto:un direttore di festival deve avere altre doti: credibilità a livello internazionale; capacità di promettere, senza obbligo di mantenere; un’idea forte di cinema; eleganza nei modi; buona dialettica; saper essere al posto giusto nel momento giusto. Marco Muller, l’attuale direttore del Festival di Roma, queste doti ce le ha tutte, tanto da poter essere considerato uno dei migliori al mondo, perché queste doti, non crediate, valgono in tutto il mondo. Che abbia scelto, insieme ai suoi collaboratori, di non invitare al Festival quel film, insieme a tantissimi altri, è cosa più che legittima.”

 

Il mondo del cinema tutto dovrebbe rivoltarsi contro queste intrusioni della politica nelle scelte culturali di un Festival. E dovrebbe, semplicemente ma con fermezza, dire BASTA alle pressioni della politica sulla cultura italiana. E, per una volta (e per sempre) lasciar fare le cose a chi le sa fare, per competenza, professionalità, esperienza maturata sul campo e apprezzata in tutto il mondo (tranne che dalla politicamente corrotta stampa nazionale).

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    3 commenti

    • Guarda caso il Corriere della Sera ci ha fatto una paginata con questa storia, che se si fa our di attaccare Muller!

    • Che vergogna, fate bene a condannarlo con tanta chiarezza.

    • Finalmente qualcuno che ha il coraggio di prendere una posizione! Grazie ad Arcopinto e a Chiacchiari che ci ha segnalato il suo articolo. E gli altri professionisti del cinema che dicono? Perché tacciono? Difendere l'autonomia culturale é cosa che ci riguarda tutti.