120 Battiti al minuto. Incontro con Robin Campillo

Abbiamo incontrato a Roma il regista di 120 Battiti al minuto, Robin Campillo, in lizza per l’Oscar come miglior film straniero e vincitore del Grand Prix all’ultimo Festival di Cannes

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------

Anche a 25 anni di distanza dal periodo raccontato nel film Robin Campillo ha conservato intatto lo spirito che lo animava all’epoca, la stessa esigenza di condivisione, di comunicare, di cercare un contatto con l’esterno sull’Aids per sollevare un dibattito. Questo film collettivo tratto da autentici frammenti autobiografici nasce infatti non per mostrare la rapida evoluzione della malattia, il lato della sofferenza, ma per costruire attorno al tema un discorso politico. Il cineasta lo racconta a Roma, dove incontra la stampa in occasione dell’uscita in sala italiana del suo 120 battiti al minutoGrand Prix all’ultimo Festival di Cannes70. Quando sono entrato in Act Up Paris ho capito quanto fosse importante smettere di aver paura, era importante tornare al cinema, mi sono reso conto della forza dirompente del parlare dello stare insieme e di non essere più delle vittime dell’epidemia ma iniziare ad essere degli attori politici.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

Una svolta nella vita del regista dopo un decennio di sfiducia verso il cinema e le storie che amava, come quelle della Nouvelle Vague, che non permettevano di comprendere il fenomeno Aids e non gli erano utili a combattere la paura del contagio. Nel 1982 avevo 20 anni e con il dilagare dell’epidemia ero terrorizzato. Si diceva che era una malattia che colpiva gli omosessuali, i tossicodipendenti. L’esperienza di attivismo serviva per sensibilizzare l’opinione pubblica attraverso degli atti che fossero fortemente spettacolari e per fare pressione sia su una classe politica disattenta allora come adesso che sulle case farmaceutiche accusate di lavorare contro delle intese tra gli Stati che permettesero una politica dei prezzi dei farmaci orientata al ribasso. Noi guardavamo al modello inglese, un modello di grande pragmatismo politico. In Francia c’è sempre stato poco pragmatismo, anche nella fase odierna, c’è sempre stato molto dibattito ma poche scelte pratiche. Facevamo la lotta ai laboratori farmaceutiche ed alla loro politica di mettere in concorrenza i vari paesi. Ci facevano credere di non poter produrre abbastanza medicinali e quindi ci fosse bisogno di decidere dove indirizzare questi medicinali, chi curare per primo…
Ed in questa fase dell’intervista Campillo lancia una critica al Papa per la posizione assunta all’epoca, probabilmente non troppo distante da quella odierna, che rappresentava un pericolo per l’Africa soprattutto, dove era quasi impossibile una campagna di prevenzione. Ed anche gli Stati Uniti finiscono nel suo mirino mentre ricorda dei casi di ammalati gravi lasciati senza cura in quanto considerati ormai spacciati e dunque ancora più bisognosi di cure.

Il regista parla anche dalla lunga amicizia che lo lega a Laurent Cantet, con il quale ha frequentato la stessa Scuola di Cinema. Ci siamo ritrovati alla fine degli anni 90 e grazie a lui sono ritornato al cinema con il montaggio, la sceneggiatura, abbiamo ripercorso i tempi in cui ciascuno faceva il tecnico per l’altro. Non ho appreso niente in

120-battiti-16particolare da lui, diciamo che abbiamo imparato reciprocamente l’uno dall’altro. Sono riuscito a lavorare con lui su questo passaggio del film al digitale, l’idea delle multicamere. Le immagini digitali solitamente sono molto fredde abbiamo ragionato su come riumanizzarle.

Del simbolismo implicito nel film, Eros e Thanatos, Campillo afferma di aver cercato in ogni modo di eliminarlo per privilegiare l’esibizione della vita, della voglia di libertà e di danza, della voglia di amare. Un aspetto restituito anche dalla tante immagini delle riunioni del collettivo, rappresentato con delle gestualità molto teatrali, un mondo dal quale uno dei protagonisti infatti si ritrae quando la malattia ha preso ormai il sopravvento.

La colonna sonora ideale a rappresentare questa terribile patologia è secondo l’autore francese la musica house, con il rimando ad iniziare dal titolo, composta in gran parte dal dj francese Arnaud Rebotini, è estremamente festosa, ma anche inquieta, ha un tocco di malinconia, ho voluto ritrovare questo sentimento, mi ha permesso di restituire gli aspetti sensoriali e sensuali.

La candidatura per la cerimonia dell’Oscar come miglior film straniero servirà come vetrina, dopo quella importantissima avuta a Cannes, per non abbassare la guardia e per diffondere gli enormi progressi fatti in campo medico, che ormai l’hanno trasformata da malattia mortale in male cronico, assumendo la giusta terapia, ma che senza un programma preventivo non può certo considerarsi debellata. Soprattutto nei paesi dell’Europa dell’Est, in Asia ed in Africa nei quali certi argomenti sono ancora considerati tabù.

 

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array