"L'orchestra di Piazza Vittorio", di Agostino Ferrente

E' da subito un'esperienza tattile e sensoriale quella che ci consegna Ferrente con questo suo ispiratissimo documentario musicale, la cui portata politica va ben oltre l'apparente 'discorsetto' sulla legge Bossi-Fini, per abbracciare una dimensione fruitiva nuova, sincera e trascinante.

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Una fotografia sgranata, virata in giallo ocra, sonorità esotiche, dalla ritmica indiana che sembra provenire dritta dritta da un musical made in Bollywood. Così inizia L'orchestra di piazza Vittorio. A metà strada tra il videoclip sperimentale anni '70, girato in Super 8, e il kitsch orientale sgargiante. Ed è da subito un'esperienza tattile e sensoriale quella che ci consegna Ferrente con questo suo ispiratissimo documentario musicale, la cui portata politica va ben oltre l'apparente 'discorsetto' sulla legge Bossi-Fini, per abbracciare una dimensione fruitiva nuova, sincera e trascinante.

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Il film di Agostino Ferrente è il resoconto cronachistico della faticosa creazione da parte dello stesso Ferrente e di Mario Tronco, tastierista degli Avion Travel, di una orchestra di musica multietnica. E' un'idea che i due hanno partorito con l'aiuto del comitato Apollo 11 nell'autunno 2002 e che vede nel quartiere romano Esquilino l'unico territorio identificativo possibile. E qui Piazza Vittorio rappresenta davvero il fulcro di una comunità interrazziale eterogenea e caotica, realtà intricatissima il cui unico comune denominatore sembra essere soltanto una quasi totale mancanza di 'italianità'. L'orchestra di piazza Vittorio è quindi una storia di ricerca e scoperta, di progetti impossibili che riescono a realizzarsi contro tutto e tutti, di musicisti sconosciuti che riscoprono loro stessi attraverso una passione forse dimenticata, di rapporti intensi e invidie sbandierate e divertenti. E' la storia di un quartiere invaso e di una parte d'Italia che proprio non può fare a meno di urlare il suo dissenso. E' la storia della musica che travalica la narrazione filmata, dettando il ritmo al 'documento', e dei personaggi (30 musicisti di circa 15 nazionalità diverse) che travalicano la musica. C'è infatti un aspetto che il film di Ferrente riesce a toccare meglio di altre operazioni dello stesso tipo: quello dello spirito di gruppo e soprattutto l'idea che, nelle collaborazioni artistiche, siano soprattutto i vincoli di amicizia e i rapporti interpersonali a emergere sopra la musica, che comunque c'è ed emoziona come raramente ci era capitato di ascoltare nel cinema italiano. A rimanere, però, sono soprattutto loro: Rahis, Pap, Carlos, Omar, e tutti gli altri membri dell'orchestra. Artisti 'straccioni', talentuosi e precari, uomini forse senza più una patria, spesso senza casa o lavoro, tenuti a galla da una passione musicale pura, spesso presuntuosa e frastornante, altre volte malinconicamente sofferta. Uomini pasoliniani, che alla lunga riescono a perdere la loro tragicità intrinseca in favore di una quasi totale riconciliazione rigenerante e contagiosa.

Regia: Agostino Ferrente


Interpreti: Mario Tronco, Agostino Ferrente, Dina Capozio, Mohammed Bilal, Houcine Ataa


Distribuzione: Lucky Red


Durata: 90'


Origine: Italia, 2006

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