CANNES 61 – Tokyo!, di Michel Gondry, Léos Carax, Bong Joon-ho (Un certain regard)

tokyo!Operazione irregolare e incostante dedicata alla metropoli giapponese. Quello di Gondry appare l’episodio più geniale e libero. Quello di Carax di una pazzia assoluta, da amare e detestare insieme. Alla fine lo sguardo più estraneo appare quello del cineasta coreano Boong Joon-ho in cui la metamorfosi thriller/horror appare decisamente più sbiadita rispetto all’opera precedente. VIDEO TRAILER

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tokyo!3 capitoli dedicati a Tokyo. Ognuno di loro è liberamente ispirato alla metropoli giapponese e girato nella città. C’è solo l’immagine animata dell’inizio e della fine che costituisce il trait-d’union. Poi gli episodi seguono una loro autonoma strada in cui si mette in luce il cinema del regista che l’ha realizzato. Il primo, Interior Design, realizzato da Michel Gondry, vede protagonista una giovane coppia. Lui vuole diventare cineasta. Lei, più indecisa, è spesso turbata e ha paura di perdere il controllo della sua vita. Finché, un giorno, avviene una strana trasformazione. Il titolo del secondo frammento di Léos Carax è già indicativo: “Merde”. Qui c’è al centro un ignobile creatura (interpretato da Denis Lavant, attore più rappresentativo del suo cinema con cui ha lavorato in Boy Meets Girl, Rosso sangue e Les amants du Pont-Neuf) che esce dai tombini e semina panico e morte per le strade di Tokyo. Alla fine le forze dell’ordine lo catturano. Si tratta di un individuo proveniente da una civiltà sconosciuta che si fa chiamare “Merda”. Nell’ultimo episodio, “Shaking Tokyo” del coreano Bong Joon-ho la vicenda si sofferma su un individuo che da molti anni vive isolato nel suo appartamento. Cerca di evitare al minimo ogni contatto con il mondo esterno. Un giorno però arriva a casa sua un’affascinante ragazza che gli consegna la pizza a domicilio. C’è un terremoto. Lui ne resta colpito e se ne innamora. Ma anche lei è vittima della stessa sindrome da isolamento.

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Dopo il collettivo Paris, je t’aime, presentato proprio qui a Cannes nel 2006 nella sezione “Un certain regard”, Tokyo! (il cui punto esclamativo potrebbe sottolineare la personalizzazione dlla visione metropolitana da parte dei tre autori) rappresenta un altro omaggio a una città. Inizialmente potrebbe venire in mente quello che aveva fatto Hou Hsiao-hsien con Café Lumière, ma lì si cercava di catturare soprattutto l’anima di Ozu. Chiaramente, come spesso avviene in queste operazioni, si tratta di un film incostante e irregolare. Il capitolo che ha convinto di meno è, paradossalmente, quello di Joong Boon-ho, del quale invece aveva colpito la dimensione thriller-horror di Memories of Murder e The Host. La dimensione dell’isolamento del protagonista è come legata a uno schematismo nel modo di filmare lo spazio che si perde nel momento in cui l’ambiente interno viene poi frantumato e quella del personaggio non appare più come una liberazione/metamorfosi horror ma come un itinerario di scrittura (lui che va alla ricerca della ragazza che l’ha colpito) piuttosto scontato. Quello più bello è invece il frammento di Michel Gondry. Essenziale, libero, folle, proprio come i suoi ultimi due film, L’arte del sogno e Be Kind Rewind. Ci sono sempre in gioco la casualità (l’auto della coppia che viene rimossa), la follia (gli effetti fumo dentro la sala durante la proiezione del film) e soprattutto la metamorfosi (la ragazza che si trasforma in una sedia e poi può cambiare forma a seconda delle situazioni). Carax è il momento del film più pazzo. Irritante all’estremo e geniale. Senza compromessi. L’inizio, con Merde che esce in strada e semina terrore, potrebbe apparire come una reincarnazione dell’Uomo-Pinguino del burtoniano Batman – Il ritorno. Poi il film è sempre più sfuggevole e, nel momento del processo, con l’immagine dello schermo che si divide in più parti, può sembrare come il segno estremo di una mancanza di controllo con la quale identificarsi per seguire il flusso di un cineasta che è ancora così fortemente maledetto.

 

TOKYO Teaser Trailer

 

Rebobine, por favor (Clip 1) – Michel Gondry

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