"Lemony Snicket – Una serie di sfortunati eventi", di Brad Silberling

Si è sempre orfani di qualcosa o di qualcuno in un film di Silberling; si è continuamente alla ricerca di un focolare dove fermarsi per iniziare una nuova vita. Lemony Snicket è un altro magnifico esempio di cinema della credenza e della resurrezione: se non credi ancora in qualcuno, in un corpo oltre il fantasma della realtà, non risorgerai mai…

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Dobbiamo abbassare un po' lo sguardo per attraversare la superficie delle immagini di Lemony Snicket's – Una serie di sfortunati eventi, quarto ed ultimo film diretto da Brad Silberling. Per penetrare davvero fra gli interstizi e le magie visive di queste inquadrature dobbiamo lasciarci dolcemente sprofondare nella poltrona della sala cinematografica, perdere qualche centimetro e lasciarci sovrastare dalle sfortunate avventure dei tre fratelli Baudelaire. Solo con questa inclinazione dell'occhio, da questa angolazione un po' lillipuziana e un po' donchisciottesca, potremo ammirare le trasformazioni del perfido Conte Olaf – un Jim Carrey istrionico ma perfettamente controllato… -, le fobie della zia Josephine (Meryl Streep), la casa delle serpi abitata dallo strambo zio Monty (Billy Connolly), per poi avventurarci seguendo l'enigma dei cannocchiali dorati, dell'occhio "fiammeggiante", e di tanti incendi e morti misteriose. Perché Lemony Snicket, tratto dall'omonima serie di romanzi per ragazzi che in Inghilterra ha sfidato la saga di Harry Potter, è un film ad altezza di bambino, una pellicola che schiude un universo di emozioni epidermiche ed innocenti. Sta a noi trovare le chiavi per aprire le porte di queste sequenze, chinando lo sguardo fino ad avvicinare l'occhio al cuore, sciogliendo la razionalità al calore di inquadrature che costruiscono, per due ore di visione, un posto sicuro dove sostare e guardare, sognare, ri-guardare e poi re-inventare noi stessi. Divenire bambini, o scoprire di esserlo ancora: è questa la magica combinazione di parole che alza i pesanti battenti del portone del maniero del Conte Olaf e dà inizio all'avventura.

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Un'avventura che è anche e soprattutto un'iniziazione alla vita, un viaggio che nasce da un lutto, per poi proseguire alla ricerca di genitori fantasmatici e nuove famiglie da formare, nuovi luoghi da abitare, nuovi legami e storie da inventare. Allora diciamolo pure: seppur tratto da una serie di romanzi di successo, Lemony Snicket è soprattutto un film di Brad Silberling, un altro tassello di quel cinema ectoplasmatico e fisico che il regista di Casper, La città degli angeli e Moonlight Mile sta costruendo emozione dopo emozione, affetto dopo affetto, fantasma dopo fantasma. Come in Moonlight Mile e City of Angels sono il senso di perdita e l'elaborazione del lutto a muovere le rotelle dell'ingranaggio narrativo: si è sempre orfani di qualcosa o di qualcuno in un film di Silberling; si è continuamente alla ricerca di un focolare dove fermarsi per iniziare una nuova vita, trovare nuovi affetti e genitori ideali – poco importa che siano quelli in carne ed ossa di Moonlight Mile o quelli solo intravisti in Lemony Snickets; si è sempre in attesa di una lettera perduta (ricordate l'ufficio postale di Moonlight Mile?) che scacci le ombre di un abbandono restituendoci la speranza dell'esistenza di un corpo, di un fantasma al quale poterci ancora affidare; si è costantemente alla ricerca di un piccolo spazio da recintare e condividere con le poche persone che abbiamo voglia di stringere forte a noi (vedi l'autentica sequenza-icona di Lemony Snicket's che ritrae i tre orfani nella piccola tenda protetti dalle ombre fantasmatiche dei profili dei genitori…). Datemi un corpo da riscaldare o un fantasma da incarnare e poi abbracciare forte: è questa l'unica preghiera silenziosa che riga il viso dell'angelo umano Seth in City of Angels, agita le avventure del fantasmino adolescente Casper, segna la voglia di vivere di Joe Nast in Moonlight Mile e quella di ricominciare degli orfani Baudelaire in Lemony Snicket's.

Così, poco importa che questa volta la cornice del film abbia il sapore di un vecchio libro di Charles Dickens o le scenografie di un horror Hammer, perché Lemony Snicket è solo un altro magnifico esempio di cinema della credenza e della resurrezione: se non credi ancora in qualcuno, in un corpo oltre il fantasma della realtà, non risorgerai mai, sembra dirci Silberling film dopo film. Anzi: la saga dei libri di Lemony Snicket inscrive il cuore pulsante di queste immagini "della resurrezione" in un cinema fanciullesco e meraviglioso, quasi un meccano visivo fatto di corpi ed oggetti da incastrare fra loro, che tocca direttamente l'epidermide dello spettatore amplificando gli effetti di perdita, di paura per l'ignoto, di abbandono e di stupore per la credenza in un mondo che si svela pian piano. Basta perdere qualche centimetro d'altezza, avvicinare l'occhio al cuore, divenire  angelo, bambino o fantasma per entrare nel cinema meraviglioso di Brad Silberling. E, forse, alla fine di ogni visione lo schermo sarà diventato quel dolce riparo quotidiano da cui risorgere ancora, credendo nella realtà con occhi diversi….


 


 


 


Titolo originale: Lemony Snicket's


Regia: Brad Silberling


Interpreti: Jude Law, Meryl Streep, Jim Carrey, Emily Browning, Kara Hoffman, Shelby Hoffman, Timothy Spall, Billy Connolly


Distribuzione: UIP


Origine: Usa, 2004


Durata: 108 min.     

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