"Being Julia – La diva Julia", di Istvàn Szàbo

Tutto lascia trasparire un senso di posticcio, inerte, polveroso. Facce, costumi, scenografie, battute sapide. Perfetto prototipo europeo di cinema pomeridiano per matusa nostalgici del cinema di papà. E' se Szàbo fosse un genio?

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Fondamentalmente Being Julia è un film che si trascina a fatica. Come il suo autore (premio Oscar per Mephisto, già un'operazione sulla natura della recitazione e le sue implicazioni sociali) che negli ultimi anni si è perso in regie anonime e teatrali. Tutto lascia trasparire un senso di posticcio, inerte, polveroso. Facce, costumi, scenografie, battute sapide. Perfetto prototipo europeo di cinema pomeridiano per matusa nostalgici del cinema di papà. Sempre che il cinema lo si voglia scorgere di traverso e non ci si accontenti, come nella migliore tradizione dei laboratori letterari presieduti dal buon Ivory, dei quarti di nobiltà riconoscibile. Il lavoro sul romanzo Theatre ('37) di William Somerset Maugham segue la falsariga della traduzione di Elio Vittorini che due anni dopo crea un nuovo titolo, Ritratto di un'attrice, che dà inconsapevolmente il via ad una serie di adattamenti rosa, tutti incentrati sulla relazione tra la diva e il giovane arrivista. E' lei, Julia Lambert, la più grande attrice inglese del primo Novecento che permette alla grande Annette Bening di essere violentata da un doppiaggio straniato ed eccessivo (almeno per come il pubblico italiano può accettare la diade creata dalla Melato) e da un obiettivo che non sa donarle la vita ma solo un Golden Globe e una candidatura all'Oscar. Stanca di una vita alle soglie della vecchiaia divisa tra ripetuti trionfi nei palchi del West End londinese e una relazione coniugale con un marito-impresario (un ingessato ma pur valido Jeremy Irons) che la stima ma non la ama più, si affida ai consigli di un mentore-fantasma, che la lanciò giovanissima, folgorato dal suo talento che sa creare la vera vita ovvero quella che si sviluppa sul palcoscenico. Sarà un caso ma al di fuori del teatro Szàbo crea dei menàge prevedibili e stantii dove le passioni nate dal legame col giovane furbastro restano sulla carta e le delusioni per il tradimento perpetrato ai danni della diva non coinvolge né spiazza. Ma nel finale la vendetta scenica che Julia opera nei confronti dell'attrice emergente è piacevole scompaginazione degli schemi, degli impianti letterari bloccati, è la rivincita della vita che irrompe, è piacere orgasmico come preparato da una lunga, astenia apatia di linguaggio. Come se si volesse dimostrare l'assioma teatro-vita con un inganno dissimulato. E' se Szàbo fosse un genio?

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Titolo originale: Being Julia


Regia: Istvàn Szàbo


Interpreti: Annette Bening, Jeremy Irons, Bruce Greenwood, Leigh Lawson, Shaun Evans, Mari Kiss


Distribuzione: Mikado


Durata: 104'


Origine: Canada-Usa-Ungheria-Gran Bretagna, 2004


 


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