I FILM IN TV – Film della settimana: RISO AMARO di Giuseppe De Santis

De Santis dà vita ad un film ibrido, un corpo politico in cui innesta segni della tradizione noir e melò, un neorealismo contaminato dai generi. Il risultato è un capolavoro, in cui i personaggi attingono all'universalità dell'archetipo. Mercoledì 27/7 alle 9:05 su Raitre.

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Quando De Santis gira il suo terzo film, Riso amaro, e' il 1949: il neorealismo è al suo culmine e il cinema italiano ha acquistato un posto preminente nel mondo. Solo l'anno precedente Rossellini aveva dato alla luce l'ultimo atto della sua ideale trilogia con Germania anno zero, De Sica aveva conquistato l'Oscar con Ladri di biciclette, Visconti aveva portato a compimento La terra trema. Il film di De Santis sembra iscriversi perfettamente nel quadro. La descrizione puntuale della vita delle mondine, l'accusa delle loro durissime condizioni di lavoro, l'esaltazione delle loro lotte, il risvegliarsi della coscienza delle masse: Riso amaro è un'opera animata da una forte tensione civile, per di più pervasa da una chiara impostazione marxista. Epperò, al pari dei grandi maestri, De Santis mostra un'originalità impareggiabile, mescola le carte, produce degli scarti nella fruizione, in altri termini spiazza il pubblico. La sua formazione è quella del critico cinematografico, di uno cioè che ha fatto della visione il suo piacere supremo e il suo mestiere. De Santis conosce le regole dei generi e sa perfettamente quanto siano importanti le esigenze dello spettacolo. Perciò innesta sul corpo "politico" del film i più svariati richiami alla tradizione del noir e del melò, sembra cavalcare la corrente, ma sparge una mole di segni puramente cinematografici, dà vita ad una galleria di personaggi che hanno la forza e il fascino dell'archetipo, che oltrepassano il dato socio-politico per attingere all'universalità: Walter/Gassman, il "cattivo" violento e senza scrupoli, Marco/Raf Vallone, il buono e onesto, Francesca/Doris Dowling, la donna cinica ma fragile. Ma è soprattutto la figura di Silvana a imporsi nell'immaginario: il corpo statuario della Mangano, con la sua carica erotica devastante, diviene il centro dell'intera vicenda, seduce e strega lo sguardo degli uomini, suscita l'invidia delle donne, attira desiderio, violenza e perdizione. Femme fatale da noir, ma in chiave proletaria, erede diretta delle dive del muto alla Francesca Bertini e Lyda Borelli, Silvana vive il suo sogno distruttivo di ascesa, ma non riesce mai a dominare il corso degli eventi e può trovare solo la "caduta". Il suo volo finale non può suscitare la stessa commozione di quello del piccolo Edmund di Germania anno zero: entrambi vittime e carnefici, vero, ma la donna non ha più l'innocenza e la disperazione del bambino. Quasi vent'anni dopo, nel 1965, Pietrangeli in Io la conoscevo bene filmerà un altro salto fatale, un altro sogno di donna infranto: ma sarà tutta un'altra storia, una vera e propria fiaba destinata a crollare in un mondo di mostri.

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RISO AMARO di Giuseppe De Santis


con Silvana Mangano, Raf Vallone, Vittorio Gassman, Doris Dowling, Checco Rissone


Italia 1949, 108'


Mercoledì 27 luglio, ore 9:05, Raitre

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