Accattone, di Pier Paolo Pasolini

L’esordio alla regia di Pasolini si è abbattuto sul cinema italiano con una violenza rinnovatrice pari a quella di Ossessione di Visconti e pochi altri film

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Proiettato alla Mostra di Venezia del 1961, Accattone si è abbattuto sul cinema italiano con una violenza rinnovatrice pari a quella di Ossessione di Visconti e di pochi altri film. Bernardo Bertolucci, assistente alla regia, ricorda che stendere i binari del carrello sul suolo polveroso del Pigneto, borgata proletaria romana che il cinema non si era ancora mai sognato di invadere, regalò agli artefici dell’impresa la stessa emozione provata dai pionieri tardo-ottocenteschi del cinema, dagli inviati dei Lumière: il mondo prima del cinema non esisteva più, il mondo dopo il cinema stava prendendo piede.

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Accattone è stato il gesto blasfemo con cui i sottoproletari, le prostitute, i ladri di polli strapparono alle stars hollywoodiane, agli eroi di guerra, ai comici del varietà un lembo di schermo, un posto al sole nell’immaginario novecentesco. Pasolini, già letterato di chiara fama, lo ha firmato come un romanzo mostrando una via italiana al concetto di autorialità, in risposta alla via francese, della quale tutti i registi dal ’61 in poi gli sono (più o meno direttamente) debitori, a partire Bellocchio e Bertolucci per finire al cinema siciliano dei nostri giorni.

L’estate del borgataro Vittorio Cataldi, tra tuffi nel Tevere, risse e sbronze alla ricerca di una prostituta da sfruttare dopo l’arresto di Maddalena, apparve subito aliena al sostrato neorealista dal quale attingeva. Aliena in primo luogo nei valori formali, come il celebrato uso delle musiche o la fotografia di Tonino Delli Colli, ma anche dell’impianto narrativo e filosofico, disperatamente laico, rispetto al populismo del dopoguerra. Il segno della croce al contrario, con cui l’amico ladro saluta Accattone appena morto nell’inquadratura finale, può essere considerato il rovesciamento sacro e blasfemo del cattolicesimo di Rossellini e De Sica. Se non bastasse, Accattone ha ridisegnato la geografia del paese mostrando non soltanto i palazzi in mezzo al nulla nell’immediato dopoguerra, ma anche quello stesso nulla fatto di sterpi e melma, di sottopassaggi stradali; insomma quei non-luoghi che, come buchi neri, risucchiano nell’oscurità quelle vite e quegli oggetti che non possono conoscere la luce se non per pochi fatali istanti, sufficienti però perché la nostra retina, come la sacra sindone, ne rechi per sempre l’impronta.

Regia: Pier Paolo Pasolini
Interpreti: Franco Citti, Franca Pasut, Adriana Asti, Paola Guidi, Silvana Corsini
Durata: 120′
Origine: Italia, 1961
Genere: drammatico

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3.82 (11 voti)
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