Il romanzo di Stevenson del 1886, Lo strano caso del dr. Jekyll e mr. Hyde, oltre a influenzare profondamente il cinema di Doppelgänger (ma non è sempre questo il cinema?) ha ispirato alcuni adattamenti dichiarati, ma Il testamento del mostro, film del ’59 di Jean Renoir, trasmesso sulla tv francese prima che comparisse nelle sale, ne coglie fedelmente il segreto seduttivo, riproducendo la minaccia dell’identità deformata e poi divisa, in una chiave già moderna. Il mostro azzimato e saltellante, dotato di una perversa vivacità che manca al distinto o corrucciato Cordelier, è un picchiatore che fa numeri di prestigio con un bastone da passeggio, capace di tentare di strangolare una Cappuccetto Rosso nella notte espressionista di una Pigalle in bianco e nero, viene prodotto nel miglior laboratorio, quello della ricerca di una prova scientifica dell’esistenza dell’anima. Viene generato già secondo le genesi della modernità – non si tratta di una meravigliosa chimera da rinchiudere in un osservatorio, ma di una controfigura già sbrigliata e impossibile da dominare, che prende il sopravvento diventando un corpo anziché restare un’ombra, che si veste come noi, e Cordelier, Jekyll alla ricerca del proprio Hyde, stabilisce come nella prassi un rapporto di violenta attrazione per la propria immagine bestiale. I due si scambiano il testamento che in fondo li vede beneficiari entrambi, con il prezzo da pagare di una sintesi impossibile, se non nella morte che deve consegnarci uno di loro, eppure gli scatti e i passi di danza di Opale, l’alterazione mostruosa di uno psichiatra alla ricerca dello spirito, ci appaiono più vitali e talvolta più umani del controllo del buon parigino borghese. Al mimo de Les Enfants du paradis, Jean-Louis Barrault, bastano un paio di sopracciglia luciferine e una violenza ballerina per diventare Opale e dare corpo al doppio che non sente ragioni e una volta messo in circolo, come un farmaco che si impadronisce di tutti i canali che trova aperti, allo stesso modo del farmaco “miracoloso” che restituirà a Cordelier un volto disteso (o di nuovo irrigidito?),   vuole ingoiare l’altra parte di sé: è un doppio quasi comico che riproduce con gioiosa efferatezza ciò che a lui è negato, e alla danza delle convenzioni sociali sostituisce il ballo scomposto della ferocia immotivata, eterno desiderio sepolto sotto gli incartamenti quotidiani dello studioso, dell’uomo di cultura alla ricerca di un senso: improvvisare un teatro di strada e abbandonarsi agli “istinti” di cui si nutre la sua immaginazione. Il mostro si fa sempre più terreno e vicino agli appartamenti riscaldati in cui cerchiamo una risposta: più vicino, con Renoir, in una Parigi che assomiglia a un fumetto noir ma che parla già da vicino della trasformazione imminente delle città delle metropoli, e delle coscienze in caos sfaccettati impossibili da ricomporre…

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Titolo originale: Le testament du docteur Cordelier

Regia: Jean Renoir

Interpreti: Jean-Louis Barrault, Teddy Bilis, Andre’ Certes

Durata: 93’

Origine: Francia, 1959

Rai3, Sabato 10 Maggio, 02.05

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