VENEZIA 62 – "Allegro" di Christoffer Boe (Giornate degli Autori)

Il film è il racconto di un tragitto metafisico nei labirinti di una città animata dai propri ricordi. Un pianista alle prese con le schegge di un passato dimenticato e rinchiuso in una città ai confini della realtà.

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Ricostruire la propria memoria. Aggirarsi disperati in una Copenhagen avvolta da un misterioso incantesimo. Vagare, perdersi, ricomporsi, è la sfida che attende il pianista Zetterstrom (Ulrich Thomsen), segnato nel proprio passato da un destino assurdo, ma colpevolmente responsabile di una scelta sbagliata. Il regista danese Christoffer Boe, premiato a Cannes 2003 per il suo primo film Recostruction, mette in scena un viaggio personale e convulso nei complicati meccanismi che ruotano attorno le scelte fondamentali nella vita di un uomo. Il film è decostruito con un intricato gioco di linguaggi: dall'originale fumetto iniziale che fa da prologo alla storia del geniale e introverso pianista,  al non troppo severo Dogma che accompagna i lunghi spostamenti in una Copenhagen illuminata da paese delle meraviglie, alla voce, furbescamente fuori campo nella parte iniziale, che guida lo spettatore e il protagonista. Boe mette in scena i tre elementi che compongono l'opera: la città, la storia d'amore con Andrea (Elena Christensen), e il passato, moltiplicando al quadrato le dosi frantumando così il racconto, già troppe volte al limite del concettuale. Tornato nella sua Copenhagen, dopo un'assenza di dieci ann, Zettestrom accusa la perdita di gran parte della sua memoria, l'unica soluzione è quella di ritrovarla, pezzo dopo pezzo, immagine dopo immagine, attraversando porte magiche in una zona della città da tempo inspiegabilmente off-limits. Il solo contatto con quella parte della capitale è uno strano personaggio su una sedia a rotelle: Tom, deus ex machina dell'altro mondo che cercherà di traghettare Zettestrom nei profondi labirinti del suo passato. Svelato il complesso di colpa del pianista: un suicidio annunciato ma colpevolmente non evitato, arrivare al cuore della tara mentale che l'ha colpito assume i contorni di un disperato e fragile passaggio attraverso le inspiegabili  leggi del pensiero.

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