"L'altra sporca ultima meta", di Peter Segal

Secondo remake di "Quella sporca ultima meta" dopo "Mean Machine", il film di Segal-Sandler riprende quella fisicità del grandioso film di Aldrich combinandolo con un ritmo quasi rap. L'energia è contagiosa, i duetti tra il comico e Chris Rock sono pienamente riusciti e la presenza di Burt Reynolds sembra quasi un'improvvisa, magica reincarnazione

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Da Robert Aldrich a Peter Segal. Il passaggio non sembra immediato anzi, pare piuttosto azzardato. L'altra sporca ultima meta però è un remake che ricalca in pieno l'originale del 1974, ripreso quasi come modello assoluto. Anche il film di Segal ripercorre la vicenda di Paul Crewe, l'ex-campione di football che viene arrestato dopo aver guidato l'auto dell'amante in stato di ubriachezza. Condotto in carcere, viene costretto dal direttore del penitenziario, Hazen, a formare una squadra di detenuti che si deve scontrare contro una di secondini. La partita sarà all'ultimo sangue malgrado i tentativi di Hazen di pilotarla con ogni mezzo a favore dei secondini.

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Se nel grande film di Aldrich c'era quella forza nel filmare la violenza, lo scontro fisico, alimentata anche dal montaggio di Michael Luciano in cui riproponeva uno dei temi più caratterizzanti del suo cinema, quello del potere oppressivo che si manifesta anche con forme illegali e la resistenza all'ultimo sangue delle vittime, Segal invece cerca di riprendere soprattutto quella fisicità dell'originale soprattutto nella partita che vede contrapposti secondini e detenuti ma anche nel match di basket in cui Crewe cerca di reclutare i giocatori di colore. Con Terapia d'urto e 50 volte il primo bacio, L'altra sporca ultima meta rappresenta la terza collaborazione del felice sodalizio tra il regista e Adam Sandler. E il comico in questo film ha fatto emergere anche il lato più malinconico e brutale della propria recitazione, già emerso in Ubriaco d'amore e Spanglish. Ovviamente Sandler – qui anche produttore esecutivo del film – ogni tanto sprigiona la sua energia contagiosa come nella scena in cui, fermato, dalle forze dell'ordine, si mette a sfottere un agente con le orecchie a sventola o nei duetti travolgenti con Chris Rock. Ma il suo sguardo, davanti alla prima apparizione di Burt Reynolds nei panni del coach Scarborough (nel film di Aldrich interpretato da Michael Conrad), appare come quello a cui gli si presenta davanti non tanto un'apparizione, ma quasi una reincarnazione della sua vita precedente. E in questo senso il film di Segal si apre quegli squarci quasi onirico/fantastici di 50 volte il primo bacio.


Ma oltre al ritmo incessante, pura eredità da Aldrich, L'altra sporca ultima meta ha anche un andamento rap alla 8 Mile con Crewe che sembra imitarlo con lo zuccotto in testa o segnato anche  dalla presenza di stelle rapper come Nelly nei panni dell'attaccante Megget. E su questa velocità, il reclutamento della squadra di detenuti da parte di Crewe e gli allenamenti (come quello nel campo allagato) sono momenti di cinema di estrema funzionalità nel suo immediato impatto come anche lo scontro tra il giocatore di football e iul direttore del carcere, un perfido e straordinario James Cromwell mentre nell'originale era interpretato da Eddie Albert. L'altra sporca ultima meta non è comunque l'unico remake del film di Aldrich. Nel 2001 venne realizzato da Skolnick Mean Machine (il titolo dal nome della squadra di Crewe) ambientato nel mondo del calcio e interpretato da Vinnie Jones e David Hemmings.


 


Titolo originale: The Longest Yard


Regia: Peter Segal


Interpreti: Adam Sandler, Chris Rock, Burt Reynolds, James Cromwell, William Fichtner, Nelly, Walter Williamson, Michael Irvin


Distribuzione: Sony Pictures


Durata: 113'


Origine: Usa, 2005

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