"Cacciatore di teste", di Costantin Costa-Gavras

Quelli di Costa-Gravas sono uomini e donne che hanno perso consapevolezza della propria appartenenza ad una condizione che è quella della subordinazione rispetto ad un Potere crudele e disumano.

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Storia di un impiegato. Costa-Gravas forse non conosce De Andrè, ma quella che racconta è la storia di uomo comune: un lavoratore, un padre di famiglia che l'esperienza della disoccupazione conduce a progettare con lucida 'follia' la propria personale vendetta nei confronti di un mondo, quello della produzione capitalistica e del profitto, che lo ha escluso e ridotto alla solitudine. Solo che non sono i vertici di quel sistema gli obiettivi delle sue azioni criminali, ma altri lavoratori, compagni che allo stesso modo conoscono difficoltà e indigenze della vita di un disoccupato. Quelli di Costa-Gravas sono uomini e donne che hanno perso consapevolezza della propria appartenenza ad una condizione che è quella della subordinazione rispetto ad un Potere crudele e disumano. In questo film sta la fine di un sogno, la fine di un sano desiderio di riscatto ed emancipazione, la distruzione di ogni conflitto, della lotta di classe come strumento di evoluzione e cammino storico. E se un conflitto c'è, questo assomiglia più ad una guerra civile ed intestina in cui l'uso della violenza non è in alcun modo finalizzato alla messa in discussione di ordini economici esistenti, quanto piuttosto, per converso, al raggiungimento di una posizione essa stessa di potere e privilegio. Per questo non si piazzano bombe, ma si spara col solo obiettivo di eliminare uomini che sono pedine, ostacoli che impediscono la rapida realizzazione di un sogno che è però proprio quello dettato dal Potere. Come se fosse impossibile ad un semplice impiegato anche solo immaginare la possibilità di un pensiero altro.

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È una profonda disillusione quella che emerge attraverso il ritmo incalzante di un cinema che non dimentica il proprio debito col reale, restituito in tutta la sua crudele ovvietà. Ma disillusione e realismo insieme finiscono per significare troppo semplicemente cinismo. Senza che questo assuma i caratteri grotteschi e surreali di certe rappresentazioni della violenza. Perché qui una morale rimane, come qualcosa di vecchio e stantio, come qualcosa di inadeguato e inadatto al nostro mondo. Di tanta freddezza forse, però, non abbiamo bisogno in un momento storico come quello che viviamo.       

Titolo Originale: Le Couperet


Regia: Costantin Costa-Gavras


Interpreti: Josè Garcia, Karin Viard, Ulrich Tukur, Olivier Gourmet, Yvon Back


Distribuzione: Fandango


Durata: 122'


Origine: Belgio/Francia/Spagna, 2006

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