"Final Destination 3" di James Wong

“Final Destination 3” è un film cupo, dove la violenza viene sapientemente centellinata per dare spazio invece ai meccanismi con i quali la Morte prende di mira i poveri teen ager dal destino orribilmente segnato.

--------------------------------------------------------------
CORSO DI SCENEGGIATURA ONLINE DAL 6 MAGGIO

--------------------------------------------------------------

Terzo capitolo della saga creata da James Wong che, dopo la parentesi di David R Ellis,  torna al timone della regia, firmando anche la sceneggiatura. Un terzo capitolo che non patisce affatto il trascorrere degli anni (e delle decine di film similari) in termini di stanchezza e ripetitività dell'ordito narrativo. Il regista sposta il "soffio della morte" dall'aeroplano al luna park, precisamente le  funamboliche montagne russe, sottolineando ancora una volta come la Morte preferisca prendere le sue vittime "dall'alto dei cieli" piuttosto che in più anonimi luoghi terreni. L'interesse del regista per gli spazi aerei lo si nota sin dalle prime sequenze, con panoramiche ed inquadrature ascensionali che filmano il parco divertimenti in modo estremamente minaccioso ed inquietante: la Morte domina le sue vittime da un punto di vista divergente, "altro", superiore. Ma questa altezza o superiorità di visione non è vanto del regista (come accadeva  invece ne La Casa dei Mille Corpi di Rob Zombie, dove il narcisistico e cinico regista si faceva artefice, dio e padrone del mezzo cinematografico, "entrando" egli stesso, con biechi espedienti profilmici, personalmente all'interno del film), ma semplicemente la consapevolezza dell'ineluttabilità e superiorità del destino di fronte al piccolo ed inerme essere umano. Wong trasmette attraverso le immagini un malessere disturbante che inquieta lo sguardo e minaccia le profondità dello spirito, un senso di sottile angoscia penetra sinuosamente nelle percezioni sensoriali dello spettatore tanto da rimanere egli stesso preso in ostaggio dallo "spietato disegno" che determina la fine della vita terrena. In questo terzo capitolo, a differenza dei precedenti, manca l'ironia che caratterizzava le situazioni più drammatiche: il film è dannatamente serio ad eccezione di alcune sequenze squisitamente splatter che alleggeriscono e danno sollievo alla visione, ricordandoci che siamo di fronte ad uno spettacolo di intrattenimento e non ad un de profundis cinematografico. Film cupo dunque, dove la violenza viene sapientemente centellinata per dare spazio invece ai meccanismi con i quali la Morte prende di mira i poveri teen ager dal destino orribilmente segnato. Wong è abilissimo ad innescare – con un montaggio perfettamente sincronizzato – la serie di eventi, che presi singolarmente non hanno nessuna (apparente) importanza, ma che allineati in una successione temporale rapida e serrata riescono a dar corpo al climax finale culminante con la tragica fine dei malcapitati. Una sorta di "domino cinematografico" visivamente entusiasmante che rapisce e cattura senza soluzione di continuità l'attenzione dello spettatore.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

Titolo originale: id.


Regia: James Wong


Interpreti: Mary Elizabeth Winstead, Ryan Merriman, Kris Lemche, Alexz Johnson.


Distribuzione: Eagle Pictures


Durata: 115'


Origine: USA, 2006

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array