"False verità", di Atom Egoyan

Tratto dal best-seller di Rupert Holmes, quello del cineasta canadese è ancora un cinema sull'ambiguità dello sguardo, che entra all'interno delle forme del thriller ma che conserva tutta la forza del cinema di Egoyan nel continuo rapporto/contrasto tra passato e presente. Presentato in concorso al 58° festival di Cannes

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Sul doppio binario apparenza/realtà si alimenta False verità, ultima, apparentemente anomala e intensissima opera del canadese Atom Egoyan presentata in concorso al 58° festival di Cannes che prosegue un suo personalissimo discorso sull'ambiguità del vedere, sullo sguardo vero e/o simulato. Tratto dal best-sellers di Rupert Holmes e ambientato tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio degli anni Settanta, False veritàha come protagonisti due comici Lanny Morris (Kevin Bacon) e Vince Collins (Colin Firth) che sono tra i più popolari degli Stati Uniti, capaci di far ridere e, al tempo stesso emozionare il pubblico nel corso di lunghissime maratone televisive con la trasmissione Telethon. Un giorno però una ragazza viene ritrovata morta nella vasca da bagno del loro albergo. Questo tragico evento segna la fine del loro sodalizio. Circa 15 anni più tardi, una promettente giornalista, Karen O' Connor (Alison Lohman) decide di riaprire il caso e raccoglie informazioni su di loro.

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Come Il dolce domani, anche False verità è il drammatico tragitto di una ricerca che riapre i frammenti di un passato doloroso. Se in quel film era un avvocato che, nella Columbia britannica, cercava di indagare sulla vicenda di un autobus precipitato in un lago ghiacciato dove erano morti tutti i bambini, in False verità è invece la giovane giornalista che scrosta progressivamente l'immagine privata dei due comici, mettendosi in gioco lei stessa. Quello di Egoyan è ancora un cinema sull'alienazione, ma con una potenza visiva impressionante in cui la fotografia di Paul Sarossy – collaboratore abituale del cineasta canadese che, nel corso della sua carriera, ha lavorato anche con Paul Schrader per Affliction – ricrea quella luce falsa del mondo dello spettacolo della fine degli anni Cinquanta che si attenua invece, con dei cromatismi che appaiono raggelati come in gran parte del cinema di Egoyan, per le sequenze relative agli anni Settanta.


Egoyan moltiplica i punti di vista affidando a turno la voce fuori-campo ai protagonisti come nel cinema di Joseph L. Mankiewicz. Where the Truth Lies in un certo senso quindi, come Eva contro Eva e La contessa scalza, dove più racconti diversi danno una versione personale, totalmente soggettiva, del passato. Alla stessa maniera il film di Egoyan vive anche tutto sul contrasto tra ascesa e caduta, diventando progressivamente e straordinariamente più sporco proprio come quell'altro bellissimo film di Paul Schrader filma il progressivo frantumarsi del successo individuale in Autofocus. Ma anche in questo film che apparentemente potrebbe segnare una cesura nel cinema di Egoyan, c'è invece tutta la magnifica ossessione di immagini/segni che ritornano, come la sessualità morbosa, come la mutazione del corpo e come soprattutto la presenza di schermi video – gli sketch dei due comici visti attraverso lo schermo del televisore – dove l'ambiguità dell'inquadratura, di ciò che si vede, assume ancora una volta una posizione predominante. C'è un'immagine da una parte e un occhio che la osserva. Ma un occhio non oggettivo, ma un occhio che la può mutare.   


 


Titolo originale: Where the Truth Lies


Regia: Atom Egoyan


Interpreti: Alison Lohman, Kevin Bacon, Colin Firth, Sonja Bennett, Rachel Blanchard, Kristin Adams, Maury Chaykin


Distribuzione: Fandango


Durata: 108'


Origine: Canada/Gran Bretagna/Usa, 2005

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