"The Fog" di Rupert Wainwright

Il nuovo “The Fog” conserva un'inaspettata aria da b-movie, come una patina demodè che lo trasforma in un'opera decisamente imperfetta ma comunque lontana dai canoni e dai clichè visivi di molti prodotti squisitamente di "genere".

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Frugando fra i tanti remake che ormai affollano il mercato hollywoodiano è facile individuare una duplice tendenza che attraversa e determina la creazione di questi prodotti: da un lato si tenta di riproporre capolavori o preziosi cult movie degli anni '70 e '80 (vedi i sempre più frequenti remake del new horror americano) svuotandoli dell'impatto politico-sociale-generazionale dell'originale con una nuova e più accattivante confezione estetica; dall'altro l'operazione di riproporre film più o meno recenti assume i colori di un aggiornamento dei codici di lettura di opere che, correttamente rivisitate, sprigionano ancora una certa carica di critica istituzionale e politica in senso ampio. Nel primo caso il rinnovamento estetico smussa gli angoli di pellicole che bruciano ancora gli occhi e la memoria dello spettatore; nel secondo caso, quasi paradossalmente, è proprio il restyling a far scoprire la potenza "sovversiva" di opere altrimenti dimenticate.

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Detto questo resta però difficile incasellare in una delle due tendenze il remake di The Fog, il mitico film creato dalla penna e dalla macchina da presa di Debra Hill e John Carpenter nel 1980, realizzato da Rupert Wainwright (Stigmate). Ad una prima occhiata questa second edition dovrebbe appartenere di diritto alla prima categoria riproponendo un "classico" dell'horror politico anni '80 in una chiave apparentemente meno incisiva e più riconciliata. Anzi: ricalcando lo script originale e apportando solo alcune variazioni narrativamente poco incisive sembrerebbe proprio che l'operazione remake abbia solo ed esclusivamente un obiettivo commerciale che tenta di sfruttare vecchi copioni in assenza di nuove idee abbastanza potenti. A ben guardare, però, il nuovo The Fog conserva un'inaspettata aria da b-movie, come una patina demodè che lo trasforma in un'opera decisamente imperfetta ma comunque lontana dai canoni e dai clichè visivi di molti prodotti squisitamente di "genere". Sarà per i volti da telefilm di Tom Welling e Maggie Grace, sarà per le ambientazioni che richiamano agli occhi scenari e province yankee di altri serie televisive, certo è che The Fog assomiglia ad una strano connubio meta-cinematografico; quasi una koiné fra estetica di serie b (con "punte" e pixel di computer graphics che testimoniano il low budget della produzione…) e tempi e ritmi televisivi dove l'orrore si mescola ad attese e paure nascoste. E se è vero che i brividi tardano ad arrivare, il film di Wainwright rappresenta comunque un esempio paradigmatico di un "genere" ibrido che affascina ed inquieta i nostri codici di lettura estetici e "politici"…

Titolo originale: Id.


Regia: Rupert Wainwright


Interpreti: Tom Welling, Maggie Grace, DeRay Davis, Selma Blair, Kenneth Walsh


Distribuzione: Sony Pictures


Durata: 100'


Origine: USA 2006

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