15° Festival del Cinema Europeo di Lecce – Incontro con Danis Tanovi?

Da reporter di guerra a esordiente vincitore di 60 premi tra cui l’Oscar con No Man’s Land: Danis Tanovi? è più che mai protagonista di un’Europa perennemente in fermento, anche se in passato forse più evidente. In attesa del suo prossimo lavoro realizzato in India, il Festival di Lecce gli dedica un omaggio.
 
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Insieme a Marco Bellocchio, Danis Tanovi? è il secondo dei ‘protagonisti del cinema europeo’ di questa 15° edizione del Festival del Cinema Europeo di Lecce. Il regista nato nell’allora Jugoslavia e attuale Bosnia-Erzegovina, a causa dell’assedio di Sarajevo è stato costretto ad interrompere gli studi per mettersi al seguito dell’esercito bosniaco come reporter di guerra realizzando molto materiale spesso riutilizzato da altri registi, dalle tv locali, perfino dall’Aja. Il suo primo lungometraggio, la tragicommedia sulla guerra No man’s land, ha fatto incetta di premi tra cui quello per la Miglior Sceneggiatura al Festival di Cannes e l’Oscar per il miglior film straniero. Tra i suoi altri film Hell, Triage, Cirkus Columbia, An episode in the life of an iron picker. Attualmente sta girando un film in India. Presso la sala Pignatelli del Castello Carlo V, Danis Tanovi? ha incontrato i giornalisti.

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Come mai hai scelto di divulgare così liberamente il materiale che hai realizzato da reporter di guerra?

Ho filmato molte cose che avete sicuramente visto altrove, non ho firmato nulla. Per noi era importante che le persone sapessero e vedessero, per questo abbiamo dato il materiale  gratuitamente a chiunque ce l’avesse chiesto. Molti ci chiesero come mai non chiedessimo in cambio di soldi: pensavo in modo un po’ superstizioso che se avessimo venduto qualcosa saremmo morti. Solo una volta abbiamo venduto a Sky perchè un amico aveva perso un occhio.

Oggi in Siria la situazione è terribile. In questo momento per via di Youtube ci sono troppe informazioni, è anche difficile farsi un'idea vera. Invece in Bosnia c'erano filmaker e fotogiornalisti che hanno lavorato e dato un'immagine completa di quanto stava accadendo.

 

 

Hai ottenuto quello che volevi? Le persone hanno saputo?

Ora quel materiale è nelle mani dell'istituzione che si occupa dei crimini di guerra, è stato usato dall'Aja. In generale molti hanno usato le stesse immagini in vari montaggi.

 

 

C'è un'immagine della guerra che ti è rimasta nella testa?

Mi stai chiedendo se ho degli incubi? La “fortuna” di utilizzare la camera è il fatto di concentrarsi sulla luce, l’inquadratura, in generale quello che stai filmando. In questo modo sei immune da quello che accade ma ci sono dei momenti in cui non puoi fare a meno di essere coinvolto, tutto ti passa sopra. Ricordo in un ospedale un bambino di sei mesi mutilato, con una sola gamba e i genitori morti, oppure un ragazzo molto bello che per una granata ha perso le gambe e un braccio, era impossibile credere che fosse ancora vivo. Ecco il motivo per cui non rivedo le mie immagini, la rabbia viene fuori.

 

 

Pensi esista una comune cifra stilistica nel cinema europeo, al di là delle varie storie e paesi?

Certo ed è anche bello vedere i diversi punti di vista ma nello stesso modo di vedere il cinema. La cosa bella del cinema europeo, almeno quello d’autore, è che non è interessato a fare intrattenimento.

 

 

Qual è il cinema che preferisci?

Preferisco il cinema italiano, lo dico anche in Francia, e non perchè sono in Italia oggi. Da piccolo avevo una tv, vedevamo molti film italiani. Crescere con De Sica è stato importante, ancora oggi se vedo Ladri di biciclette mi viene da piangere. Per non parlare degli altri grandi autori come Fellini o Bertolucci. Ricordo che mio padre mi proibiva di vedere i film a tarda notte con lui, quindi io mi nascondevo mentre lui rideva e vedeva Mimì metallurgico ferito nell’onore. La cosa bella del cinema italiano è che ora che sto invecchiando è bello ritornarci e riscoprirlo, ad esempio mi viene in mente la prima scena di Novecento con l'uomo che grida “la guerra è finita” e poi muore.

 

Dopo l'Oscar che reazione hai avuto?

Il film aveva già vinto 60 premi, era un progetto pazzo, non avevo molto tempo per pensare, pensavo solo “che bello!”. Poi ho fatto altri film che non hanno vinto, ma ora lo apprezzerei di più. Al secondo film ero confuso, non sapevo perchè non arrivasse il secondo Oscar.

 

 

Come mai hai scelto l’India per il tuo prossimo progetto?

Vincere l’Oscar mi ha dato la possibilità di girare. Dei problemi ci sono perchè lì sono lenti ma penso di finirlo per quest'anno.

 

 

Lo vedremo in qualche Festival? Venezia?

Mister Barbera ha un buon gusto, dovrebbe invitarmi.

L’Italia è chiaramente il paese più bello del mondo, a Venezia c'è qualcosa di sacro. Quello che odio del Festival di Venezia sono i ragazzini con i pantaloncini corti che masticano chewingum in sala. Cannes è più bello per la formalità del vestito. Suggerisco di portare per 6 mesi gli italiani in un altro paese, al ritorno potranno apprezzare di più quello che hanno. Quando penso a Venezia penso a Mastroianni: potete immaginario in pantaloncini? Io non posso nè voglio.

 

 

Girerai in America?

Ho un invito aperto per andare ad Hollywood, molti produttori me l’hanno proposto ma non ho ancora trovato una storia per cui ne valga la pena. Ora ho trovato una storia ma se sarà realizzata sarà in Europa. Sto realizzando un film in India, originariamente avrebbe dovuto essere in Pakistan ma lì la situazione è molto difficile. Ci sto lavorando da otto anni, quando lo vedrete capirete perché.

 

 

Si può dire che sia un momento di speranza per la Bosnia?

Rispondo con la differenza che c’è in No Man’s Land tra il pessimista e l’ottimista: il pessimista dice che non può andare peggio, l’ottimista dice che può andare anche peggio. In questo senso sono ottimista.

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