LIBRI DI CINEMA – “Il filo rosso della violenza: Ken il guerriero e i suoi antenati di Hong Kong”, di Giorgio Mazzola

Il filo rosso della violenza copertinaL'universo animato giapponese e le sue influenze dalla corposa produzione degli Shaw Brothers cinesi sono al centro di questo interessante saggio in grado di aprire il fronte degli anime televisivi a modelli di matrice cinematografica, sottolineando le particolari derive estetiche in voga fra gli anni Sessanta e Ottanta. Ed. Il Foglio Letterario

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Il filo rosso della violenza copertinaIl filo rosso della violenza: Ken il guerriero e i suoi antenati di Hong Kong

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di Giorgio Mazzola

Il Foglio Letterario, 1a edizione Novembre 2011

pp 162, 14,00 Euro

 

Frutto di un'interessante contaminazione culturale, la saga di Ken il guerriero riflette una particolare tendenza dell'arte animata giapponese a ibridare le fonti occidentali con quelle orientali: se le prime (in particolare la saga di Mad Max o i film con Sylvester Stallone) sono da tempo state rilevate con attenzione, più raro è il tentativo di tracciare un parallelo con le opere delle cinematografie asiatiche, che non siano quelle direttamente ascrivibili ai vari filoni del kung fu. Ci prova Giorgio Mazzola, con questo interessante saggio che allarga decisamente il raggio d'azione dell'opera animata, mettendola in relazione con i wuxiapian realizzati da Chang Cheh per gli Shaw Brothers Studio negli anni Sessanta e Settanta. In particolare, Mazzola, prende a riferimento quattro pellicole nella sterminata produzione dell'autore cinese: Mantieni l'odio per la tua vendetta/The One Armed Swordsman (1967), The Golden Swallow (1968), La sfida degli invincibili campioni/Return of the One Armed Swordsman, Heroes Two – I due eroi (1974).

 

Pur partendo dichiaratamente da una posizione nostalgica e da un affetto di lunga data per la saga di Ken il guerriero, l'autore offre un'analisi ponderata e attenta a mettere in risalto tanto la particolare “grammatica” dei due universi presi in esame, quanto le rispettive derive grottesche ed eccessive, fatte di esagerazioni sanguinolente, etica del sacrificio, prospettiva rigorosamente “al maschile”, con tanto di rapporto problematico nella descrizione della componente femminile (rifiutata come negativa in Chang Cheh e iscritta in ruoli apparentemente di second'ordine nella saga di Kenshiro) e esaltazione estetica del corpo maschile. L'approccio è sistematico: i primi due capitoli descrivono le pellicole di Chang Cheh e l'universo dell'anime postatomico, mentre è poi nella terza e nella quarta parte che si individuano le relazioni fra i due universi, con i punti di contatto e le eventuali differenze, e le caratteristiche dei vari personaggi (dallo spadaccino monco cinese ai vari maestri marziali giapponesi). Prendendo spesso a riferimento il lavoro di predecessori quali Alberto Pezzotta (fra i pionieri nello studio del cinema hongkonghese nel nostro paese), Mazzola propone un'analisi che è sia estetica che contenutistica e che permette l'apertura del fronte animato a modelli di matrice cinematografica. Inoltre si sottolinea la particolare deriva estetica che è al contempo classica (nella sua esaltazione del ruolo dell'eroe) e moderna, per come si allinea alle coeve tendenze dello splatter.

 

Lo spunto si rivela così né estemporaneo né tantomeno capriccioso, ma in grado di offrire nuova linfa all'inesauribile fama di Ken il guerriero: la breve dimensione e l'agilità della scrittura rendono piacevoli la lettura, sebbene lo stile tradisca ancora un approccio acerbo in alcuni passaggi e una costruzione dell'analisi di chiara derivazione universitaria (il saggio deriva esplicitamente da una tesi redatta dall'autore), con qualche tendenza all'eccessiva esplicazione e alla ripetizione di taluni concetti. D'altra parte è meritevole l'idea di non rivolgersi solo ai conoscitori delle saghe prese in esame, ma anche ai neofiti, che in questo modo troveranno tutti i riferimenti per muoversi a dovere negli universi cari all'autore e creati, ormai parecchi decenni fa, tra il cinema cinese e la tv giapponese.

 

INDICE

 

PREFAZIONE, di Dario Tomasi

 

INTRODUZIONE

Amarcord

Struttura

Annotazioni

 

CAPITOLO 1: HONG KONG CINEMA. CHANG CHEH E I WUXIAPIAN

1.1 – Qualche cenno storio

1.2 – Cavalieri erranti

1.3 – L'estetica della violenza di Chang Cheh

 

CAPITOLO 2: IL PUGNO DELLA STELLA DEL NORD

2.1 – Aspettando Kenshiro…

2.2 – Il cammino del guerriero dalle sette stelle

2.3 – Ecco che arriva Ken…

 

CAPITOLO 3: “VIOLENZA, VIOLENZAE”: AL CUORE DELLA QUESTIONE

3.1 – Sangue a fiotti

3.1.1 – Dagli spadaccini…

3.1.2 – …Ai leggiadri culturisti

3.2 – L'insostenibile pesantezza dell'essere

3.2.1 – Nudi e crudi

3.2.2 – Il Kenshiro furioso

3.3 – La nobilitazione della violenza attraverso la furia masochistica dell'eroe

3.3.1 – La necessità di spiegare tutto. Ovvero: se per caso non fosse chiaro che fa male…

3.3.2 – Dimmi come muori e ti dirò chi sei

Eroi positivi

Eroi negativi

3.4 – Montaggio, zoom, primi piani

 

CAPITOLO 4: I PERSONAGGI

4.1 – Occhio per occhio… Ovvero: l'eroe vendicativo che agisce suo malgrado

4.1.1 – L'impossibilità di tirarsi indietro

4.1.2 – Capro espiatorio

4.2 – Macho, macho men, ovvero: la centralità della figura maschile

4.2.1 – Chi dice donna…

4.2.1.1 – Fra traditrici e palle al piede: le figure femminili in Chang Cheh

4.2.1.2 – Motori immobili: le donne (apparentemente) invisibili in Hokuto no Ken

4.2.2 – Tutti per uno, uno per tutti: le amicizie virili

4.2.2.1 – Buoni contro cattive: il “cameratismo difensivo” di Chang Cheh

4.2.2.2 – Uniti nella sventura: gli uomini “al macello” di Hokuto no Ken

 

CONCLUSIONE

POSTFAZIONE, di Davide Tarò – Le “periferie” della visione: Il Wuxiapian mandarino e l'anime di Ken il guerriero

 

RINGRAZIAMENTI

FILMOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA GENERALE

WEBGRAFIA

INDICE

DIRITTI E COPYRIGHT DELLE IMMAGINI

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