DVD – "Diario di un curato di campagna", di Robert Bresson


Il diario di un curato di campagnaIl capolavoro di Robert Bresson (da tenere sotto il cuscino) è in grado di risvegliare il dibattito su cinema e soggetti religiosi in epoca di fiction televisiva in cerca di santi e curati. Trasposto dal romanzo omonimo di Gerges Bernanos, Diario di un curato di campagna è sempre una grande lezione di cinema. Edita San Paolo Multimedia

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diario di un curato di campagnaTitolo originale: Journal d'un curé de campagne
Anno: 1951
Durata: 110’
Distribuzione: San Paolo Multimedia
Genere: drammatico
Cast: Claude Laydu, Léon Arvel, Antoine Balpêtré, Jean Danet, André Guibert, Nicole Ladmiral, Martine Lemaire, Nicole Maurey, Jean Riveyre, Marie-Monique Arkell
Regia: Robert Bresson
Formato DVD/video: 1.37:1
Audio: italiano Dolby Digital Mono 1.0, francese Dolby Digital Mono 1.0
Sottotitoli: italiano
Extra:

IL FILM
Di fronte alla meschina proliferazione dei nostri giorni della mediocrissima fiction televisiva a soggetto religioso non ci resta che rispondere con le parole dello stesso Robert Bresson, vergate sul suo prezioso Note sul cinematografo: “I soggetti religiosi ricevono la loro dignità ed elevazione dalle immagini e dai suoni: Non (come si crede) il contrario: che le immagini ed i suoni le ricevano dai soggetti religiosi… “. Non c'è bisogno di ulteriore spiegazione, perché se oggi ha ancora senso rivolgersi ad un'opera d'arte cinematografica di più di mezzo secolo fa, bisogna rendersi conto della fondamentale differenza tra grande messa in scena e vile successione di immagini in movimento. Il film in questione è una grande lezione per chi vuole cimentarsi nella messa in scena, per chi, coraggiosamente, ammette l'inutilità del SOGGETTO, l'inutilità della SCENEGGIATURA, per costruire l'articolazione di un testo fatto di immagini in movimento. Ed è per questo che le discussioni pretestuose sulle relazioni tra il romanzo di Bernanos ed il film di Bresson, non andrebbero neanche richiamate, tanto sono superflue rispetto al risultato pieno del film. Che è un viaggio intimo, scheletrico, prosciugato, nella coscienza umana, di fronte alla morte, nel tentativo di opporre, attraverso la Fede, un senso all'esistenza della specie umana e del mondo. Rivedere oggi Diario di un curato di campagna ha proprio il senso di interruzione rispetto alle cose coeve della vita per interrogarsi sul significato eterno di ogni gesto quotidiano, laddove la più piccola azione appare segnata da un'ineliminabile “fatica”. Anche per questo il film si chiude sul mistero della grazia. “Tutto è grazia”, perché non potremmo operare alcuna distinzione “utile”, “obiettiva” tra le cose dell'universo. E già questa “magnifica” conclusione del percorso è il più grande regalo che un artista del cinema può offrire allo spettatore. Bresson, cari amici, è sempre tra i più grandi cineasti della Storia del cinema. Ed ogni tanto occorre rivederlo.

 

IL DVD
Il dvd edito da San Paolo Multimedia presenta una buona qualità, sia dal punto di vista video che audio. La grana della pellicola è in qualche punto troppo appariscente, indebolendo la definizione del quadro, con frame abbastanza confusi, ma questo aggiunge un tocco di bellezza al film che appare splendido come un gioiello antico. L'audio è preciso e fedele nella sottolineatura di alcuni suoni. Dobbiamo p
eraltro rilevare che gli effetti di sfocamento erano sicuramente dovuti alle scelte della direzione fotografica di Léonce-Henri Burel. Per quanto riguarda i contenuti speciali la San Paolo ha fatto una scelta un po' opinabile inserendo due schede critiche che rischiano di costituire un doppione inutile. L'intervento di Claudio G. Fava fa più che altro il punto sulle relazioni biografiche tra Bernanos e Bresson e le coeve vicende storiche, come il periodo post bellico in cui prevale l'immagine di una Francia rurale. Il secondo intervento, a cura di Pino Farinotti, riflette più sulla figura di Bresson, soffermandosi sulle caratteristiche stilistiche del suo cinema e valutando una cinquina di titoli, insieme al Diario, capolavori assoluti del cinema. Ma non si sa perché tra i capolavori non sia 
incluso l'immenso, Au Hasard Balthazar, mai citato…


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