LETTE E…RIVISTE – "The Dreamers": sul set di Bertolucci

Un omaggio a Godard, a Parigi e al '68: nel suo ultimo film, Bernardo Bertolucci celebra la sacra trinità di sesso, politica e cinema, come ci racconta “Film Comment”.

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Nella luce del tramonto, Bernardo Bertolucci guida una camera car che segue un attore americano che gironzola lungo un ponte di Parigi. Non si tratta, tuttavia, del ponte a più livelli Pont de Bir Hakeim, che il regista ha reso così iconico ne Il Conformista e Ultimo Tango a Parigi, ma del confinante Pont d'Iena, che collega la Torre Eiffel al grandioso Palais de Chaillot. Né sta filmando un angosciato Marlon Brando di mezza età, ma un Michel Pitt straordinariamente giovane, corti capelli biondi e una copia spiegazzata dei Cahiers du Cinema nella tasca della giacca, che si dirige verso la Cinématheque Française nella scena d'apertura del primo film di Bertolucci in quattro anni, The Dreamers.

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Qualche settimana prima che iniziassero le riprese in Giugno, Bertolucci aveva assistito a un'affollatissima proiezione di Ultimo Tango a Parigi alla Salle Wagram, 30 anni dopo che la scena della competizione di tango venisse girata proprio li. Se è tornato in questa città, non è, come suggerivano alcune indiscrezioni, per girare un film politico-epico a proposito dei famigerati "eventi" del Maggio '68, quando gli studenti parigini lanciavano ciottoli e bottiglie molotov alla polizia CRS, mentre gli scioperi paralizzavano il paese. Anche se The Dreamers termina con questi eventi, in realtà, secondo le parole del regista, il film è "uno studio intimo e affascinante delle relazioni". Secondo la sceneggiatura del romanziere (ed ex giornalista di Film Comment) Gilbert Adair, gran parte dell'azione si svolge all'interno di un appartamento, dove un giovane americano (Pitt) si trova eroticamente intrecciato alla misteriosa vita che condividono due gemelli francesi, come lui post-adolescenti ma non ancora adulti. Gli attori sono Louis Garrel, figlio del regista Philippe, e Eva Green, figlia dell'attrice Marlene Jobert.


Se questo cast già suggerisce un gioco cinefilo in atto (nonostante un'intensa serie di audizioni), si inserisce del resto alla perfezione in un film che celebra la sacra trinità di sesso, politica e cinema. Questi personaggi fanatici di cinema intessono i loro legami durante le pubbliche dimostrazioni che si tengono nel loro tempio, la Cinemathèque Française, ai tempi del licenziamento del suo fondatore Henri Langlois da parte del Ministro della Cultura André Malraux. Nel Febbraio del 1968, il Palais de Chaillot (sede di museo e sala cinematografica della Cinemathèque) e le strade circostanti erano stipate di dimostranti, con la CRS in umore bellicoso: una mini rivoluzione che secondo il parere di molti fu il seme di quel che seguì in Maggio.


In quello che ama considerare un'ellissi temporale proustiana, Bertolucci ha richiesto agli attori Jean-Pierre Kalfon e Jeanne-Pierre Léaud di ricreare i loro ruoli durante le dimostrazioni vere. Entrambi declamano uno scritto da Godard, e benché un Léaud tristemente invecchiato arrivi sul set in stato di agitazione, la sua invettiva è portata a termine con sorprendente intensità. Dopo, Bertolucci e la sua troupe sono visibilmente commossi. Poi il regista aggiunge qualche ornamento di sua invenzione, con dimostranti che fanno rotolare delle pizze di film vuote giù per gli scalini dell'entrata della Cinemathèque. Quando un assistente esorta le comparse a gridare la loro scelta di titoli, lui respinge il primo suggerimento, quel Prima della Rivoluzione di Bertolucci stesso, che ebbe la sua prima francese proprio alla Cinemathèque, nel gennaio 1968. Come commenta il regista in tono obliquo, mentre contempla quegli stessi scalini sepolcrali, "Ecco la tomba dove va a finire tutto ciò che facciamo".


The Dreamers è prodotto dal fedele alleato di Bertolucci Jeremy Thomas, che dopo essersi assicurato la Città Proibita per le riprese de L'Ultimo Imperatore non ha certo paura della burocrazia francese. Per due notti è garantita la blindatura della Avenue de Messine, in modo da ricreare il caos e l'esultanza dei disordini di quel Maggio. Come fa notare il production designer Jean Rabasse, le strade con i ciottoli si possono oramai trovare soltanto nelle zone alte di Parigi, dove è difficile del resto avvistare uno studente. Qui l'atmosfera è decisamente più tesa, perché Bertolucci ha improvvisamente tirato fuori un finale alternativo che richiederebbe delle scene extra di dialogo. Tuttavia, si continua a filmare più che fluidamente, i membri della troupe riescono anche a ridere della temutissima frase "nuove battute", e Louise Garrel è in procinto di perfezionare il modo corretto di lanciare una molotov.


Nelle settimane che precedono il ridimensionamento della troupe, e prima che tutti si rifugino all'interno di un set al chiuso, Bertolucci si sta visibilmente divertendo nel rivisitare un'epoca di passioni giovanili. All'interno di un caffè, Eva Green seleziona da un jukebox "Tous les garçons et les filles de mon age" di Françoise Hardy, e passa tra i tavoli oscillando in uno shimmy mentre evoca immagini di Anna Karina (che più tardi visiterà il set: un momento proustiano fuoricampo). Il trio ribelle fa addirittura una gara di corsa attraverso il Louvre in un tentativo di battere il record di Anna Karina e compagnia in Per conto proprio di Godard. Nel Maggio '68, Bertolucci era impegnato a dirigere il suo film più godardiano, Partner, per le strade di Roma. Oltre 30 anni dopo, lo spirito della Nouvelle Vague permea il suo nuovo film, ma con una maggiore dolcezza; Bertolucci mi fa notare che i suoi attori hanno una curiosa somiglianza con il trio dannato di Jules e Jim. Per quello che ho potuto vedere, Parigi lo sta stregando di nuovo.



Articolo di David Thomson, da "Film Comment" di Novembre/Dicembre 2002.


Traduzione di Marina Nasi

 


 


Film Comment Magazine è la pubblicazione ufficiale della Film Society del Lincoln Center di New York. Ma tra i suoi sponsor ci sono anche il New York State Council on the Arts e il National Endowment for the Arts. Pubblicata bimestralmente, questa rivista si distingue per il taglio intelligente e competente dei suoi articoli, e per una grafica semplice ma curata ed efficace. Né frivolo né serioso, tanto lontano dalla seduzione dei blockbuster quanto dalla "polverosità" di alcune pubblicazioni accademiche, Film Comment trova il suo punto di forza proprio nel mantenere un equilibrio tra le scelte di qualità e la scelta di non chiudersi necessariamente in una nicchia. Equilibrio che si rispecchia nel bilanciare estetica e contenuti e nell'occuparsi tanto dei film più recensiti quanto di quelli "minori" e della filmografia internazionale (molto interessante, a questo proposito, un reportage sul praticamente sconosciuto cinema tailandese, apparso nel numero di Novembre/Dicembre). Le copertine sono sempre curate e sfavillanti, anche se, così pare, non sempre puntuali, e forse qualche pagina in più non guasterebbe, trattandosi di un bimestrale. Ma nel complesso si tratta di una pubblicazione di rilievo, piacevole da sfogliare e efficace nei contenuti. Sul sito è possibile sfogliare i vecchi numeri e partecipare al forum di cinema.


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