La figura del clown con il suo pesante trucco di cera, il grande naso rosso ed i capelli posticci è capace di provocare nell’incoscio di persone estremamente sensibili, un’inquietudine indefinibile e potremmo aggiungere, ancestrale; lo sa bene Stephen King che nel suo romanzo-fiume It, fa proprio di un clown (con la capacità di assumere molteplici forme mostruose), chiamato Pennywise, il protagonista malvagio. Però di pagliacci scesi sulla Terra direttamente dallo spazio profondo a bordo di un’astronave a forma di circo, non si era mai sentito parlare. Almeno fino all’arrivo dei Chiodo Brothers. Ci pensano loro, Stephen, Charles ed Edward (regia, soggetto, sceneggiatura e produzione) a mettere in scena questo delirante e demenziale fanta-horror per la gioia di tutti gli amanti del cinema di serie B, dove i protagonisti sono  degli alieni con le fattezze di clowns atterrati in una piccola cittadina chiamata Crescent Cove, il cui unico scopo è quello di nutrirsi dei suoi abitanti trasformandoli in bozzoli di zucchero filato (!!). Killer klowns alla sua uscita nel 1987, fu un fiasco, distribuito successivamente in home-video, divenne un piccolo cult. Parodia di vere e proprie pietre miliari del cinema di fantascenza anni ’50, da La cosa da un altro mondo di Christian Nyby (e Howard Hawks, non accreditato) a L’invasione degli ultracorpi di Don Siegel, il film dei Chiodo Bros si rivela sgangherato nella sceneggiatura, zoppicante nel ritmo ma visivamente scatenato, benchè i mezzi a disposizione siano prossimi allo zero (la base degli alieni è un tripudio di colori, architetture sghembe e marchingegni dalle forme volutamente naïf) e con alcune trovate esilaranti e a loro modo geniali (il bazooka spara-popcorn, i clowns che colpiti sul naso esplodono tramutandosi in coriandoli, il guardiano del luna park ucciso a torte in faccia). Elementi che stanno ad indicare un cinema folle, libero e liberatorio, il cui unico dogma consiste nella dissacrazione (e demolizione) dei canoni ordinari della filmografia di genere. Indimenticabile infine, la title track scritta da Leonard Phillips ed eseguita dai “The Dickies”.

 

 

 

Alla Koch Media va attribuito l’indubbio merito di aver distribuito un film praticamente introvabile in Italia, anche se il dvd non è del tutto all’altezza delle aspettative. Contenuti tecnici poco soddisfacenti: la qualità dell’immagine perde in definizione, dimostrando tutti i limiti di un prodotto vecchio oltre vent’anni, segno anche di un riversamento in video non ineccepibile. La doppia traccia audio italiano e inglese  non brilla per pulizia, perde potenza e distribuzione sonora nell’unica opzione bicanale. I sottotitoli si limitano all’italiano e i contenuti extra al trailer originale del film.