VENEZIA 63 – "Heimat – Fragmente" di Edgar Reitz (Orizzonti)

Il nuovo film di Reitz è un gioco metacinematografico, in cui i frammenti della saga di Heimat, si trasformano in ricordi, altari, monumenti alla memoria al cinema. E' una riflessione sul Tempo, in cui il presente diventa semplice tensione tra passato e futuro, ma anche un tenero omaggio ai personaggi e alla loro giovinezza

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Le case, le cose…in realtà oggetti viventi, che hanno un respiro, un battito cardiaco, un'anima. Assorbono lo spirito di chi le ha abitate o possedute e se ne nutrono. Poi rimangono lì, apparentemente inerti, ma pronte ad ogni stimolo a sprigionare gli umori di cui sono impregnate. Le case e le cose sono essere viventi la cui linfa è costituita dalla memoria. Heimat – Fragmente, l'ultimo lavoro di Edgar Reitz, è un film di ricordi, sui ricordi. Quelli di Lulu, la figlia di Hermann, l'ultima erede della famiglia Simon. Ormai superati i trent'anni, alle soglie del nuovo millennio, con un figlio piccolo a carico, Lulu si trova faccia a faccia con le paure del futuro, con le speranze, i dubbi e incomincia ad interrogarsi sulla propria identità, sul suo passato, sulla sua vita. Torna nei luoghi familiari e dalle mura, dai pavimenti cominciano a materializzarsi i fantasmi/ricordi. Il presente diviene semplice tensione tra passato e futuro. Probabilmente la giovinezza è finita. Lo dice la stessa Lulu: la giovinezza finisce quando cominciano i ricordi. Reitz, insieme al figlio Chisthian (addetto al montaggio), recupera una mole impressionante di frammenti della sterminata saga di Heimat (in gran parte materiale inutilizzato o addirittura mai mixato) e li ricompone in quadri, ognuno volto ad illuminare o semplicemente rievocare un personaggio. E' un gioco di supporti, formati, luci e colori. Il digitale del presente assume connotazioni cromatiche irreali, oniriche, mentre la pellicola del passato, pur variando dal colore al bianco e nero, sembra più reale, più nitida, più certa. Il film si trasforma in ricordo e i ricordi hanno la solidità dei monumenti, degli altari. L'ossessivo gioco metacinematografico, pur non originalissimo, conserva un fascino misterioso. Perché i metri e metri di pellicola impressionata, le fotografie sono una resistenza strenua e disperata al Tempo, come simulacri da cui emanano gli spettri del passato. "Perché? tu non lo vuoi?" risponde, non a caso, Hermann all'amico che gli chiede se vuole essere immortale. Ma il fascino di questo Heimat – Fragmente è ancor più nell'affetto con cui Reitz guarda ai suoi personaggi. E alla loro gioventù, in particolar modo. E' un film in cui quasi tutti sono ancora giovani, vitali, innocenti a modo loro. Tante donne (Die Frauen è il sottotitolo del film) e al centro di tutte, Hermann, sempre più il cuore pulsante dell'intera saga.

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