VENEZIA 63 – "El amarillo", di Sergio Mazza (Settimana della Critica)

Nel film dell'esordiente regista argentino ciò che viene esplorato è anzitutto il respiro, il ritmo di un luogo, un piccolo paese dell'interno dell'Argentina, in apparenza svuotato, quasi disabitato, pregno in realta di presenze che si manifestano a poco a poco, timidamente quasi, ma con la forza e la tenera testardaggine di un'ossessione.

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Piccolo e prezioso film, El amarillo, presentato all'interno della Settimana della Critica; piccolo nell'apparenza della messa in scena, ma prezioso per gli eventi che gradualmente vi trovano spazio. Nel film dell'esordiente regista argentino Sergio Mazza, ciò che viene esplorato è anzitutto il respiro, il ritmo di un luogo, un piccolo paese dell'interno dell'Argentina, in apparenza svuotato, quasi disabitato, pregno in realta di presenze che si manifestano a poco a poco, lentamente, timidamente quasi, ma con la forza e la tenera testardaggine di un'ossessione.

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Dalla storia di un uomo che arriva (forse per caso) nel piccolo paese e che sembra intenzionato a restarci, attratto da una donna che si ritrae al suo sguardo, e dalla storia della stessa donna il cui canto riempie le serate del piccolo locale "El amarillo", il film sembra lavorare inizialmente su alcuni minimi gesti, su piccoli e lenti movimenti di avvicinamento tra l'uomo e la donna e, sullo sfondo, sui ritmi degli abitanti di questo luogo misterioso, sempre meno desertico e sempre più abitato.


Ma questo movimento è solo un primo livello del film. Gradualmente altre figure, iniziano a riempire lo schermo, ad abitare lo spazio dell'inquadratura, non semplicemente con la loro presenza, con il loro essere parte di quel luogo e di quel paesaggio, ma, più precisamente per il loro canto e la loro musica. Uomini e donne che di sera si riuniscono nei cortili del paese, figure timide e leggere, che con leggerezza iniziano a suonare e cantare, raccontando storie attraverso melodie antiche, musiche popolari che mostrano, con un'evidenza che la macchina da presa riesce perfettamente a restituire, la stria e il presente vivo e pulsante di una comunità. Ecco allora palesarsi il secondo movimento del film, il suo livello più segreto e, allo stesso tempo, più radicale ed evidente. In cui il ritmo della vita di un luogo diventa quello di una comunità di corpi ed esseri che vivono e resistono al ritmo di una festa, di una antica, vitale e struggente melodia.


È forse scoprendo questo segreto che finalmente l'uomo e la donna potranno incontrarsi e rimanere lì, ritornando a far parte di un tutto che, nonostante il vuoto dello spazio che lo circonda, è più vivo e pulsante che mai.


 

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