"Mare nero", di Roberta Torre

“Mare Nero” appare stentato, sempre a un passo dalla completa riuscita. Per eccessiva frammentarietà narrativa, per nauseante freddezza d'illuminazione, per abbondanza di immagini che abbandonano le sponde della sensualità, per ridursi ad una volgarità fastidiosa e a tratti priva di significato.

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Pochi attimi di pseudo normalità avvolti da un'oscurità rassicurante e intima, che lentamente invita al placido sonno notturno. Poi una frattura insanabile e il buio. Un buio senza squarci di luce, senza suoni né rumori. Un buio livido, malsicuro e profondo metri e metri. Giù, sempre più giù, in un secondo. E sarà notte perenne, in cerca di una verità che sembra nascosta sul fondo dell'anima, troppo pesante per risalire a galla e quindi sommersa dalle acque silenziose.

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Morte e vita si affrontano in un corpo a corpo sofferto e angoscioso. Ma non una lacrima, non un urlo, non una briciola di sentimento. Forse perché la paura fa il vuoto attorno a sé, rendendo i passi sempre più insicuri e sopprimendo le parole, che rimangono sepolte sotto la spessa lastra di ghiaccio creata dalla vergogna. Vergogna per qualcosa che ancora non c'è, ma potrebbe accadere. Vergogna per quello che si è visto e per quello che si è deciso di vedere. A passi lenti verso quella vasca onirica in cui galleggiano i propri desideri, neri e corrosivi.


Dalla morte una vita diversa, spenta, piatta. Una ragazza uccisa e un ispettore che indaga. Dalla vita alla morte, quella che toglie il sorriso, svuota gli sguardi e uccide le conversazioni. È la morte dell'anima, o almeno di un'anima, quella pura. Al suo posto cresce un desiderio inconfessabile di possedere un corpo, di confondersi con altre ombre, in un continuo procedere lungo cerchi infernali e polverosi. Il desiderio supera i confini imposti dal segreto e si infila nel quotidiano dell'ispettore, per poi mischiarsi al sospetto, ma sempre senza passione, né ragione. Fino al momento di quel risveglio a metà strada tra finzione e  realtà che darà riposo alle paure e alle angosce, ma chissà per quanto tempo.


Per essere la voluttuosa discesa di un uomo verso gli abissi della propria anima e contemporaneamente verso un mondo di ambiguità sessuali dalla forte carica attrattiva, il film di Roberta Torre Mare Nero appare stentato, sempre a un passo dalla completa riuscita. Per eccessiva frammentarietà narrativa, per nauseante freddezza d'illuminazione, per abbondanza di immagini che abbandonano le sponde della sensualità, per ridursi ad una volgarità fastidiosa e a tratti priva di significato. Scene troppo brevi o troppo lunghe ed un simbolismo che rischia di farsi beffa di sé stesso. Sembra che la regista non sia riuscita a colpire nel segno lasciandosi affogare in quel mare nero, che avrebbe dovuto domare.

Titolo originale: id.


Regia: Roberta Torre


Interpreti: Luigi Lo Cascio, Anna Mouglalis, Massimo Popolizio, Rossella D'Andrea


Distribuzione: 01 Distribution


Durata:82'


Origine: Italia/Francia, 2005

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