"Shortbus", di John Cameron Mitchell

Probabilmente questo secondo film del regista è anche più ambizioso della sua opera precedente ("Hedwig") con riflessioni sull'America post-11 settembre, su un voyerismo fatto di 'immagini rubate', di gadget utilizzati quasi come giochini da film demenziale o quadretti da commedia sentimentale. Alla fine però risulta decisamente meno riuscito.

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------

Presentato fuori concorso al 59° Festival di Cannes Shortbus è il secondo film diretto da John Cameron Mitchell dopo Hedwig (2001). Stavolta il regista non è anche il protagonista principale come nel film precedente ma è dietro la macchina da presa per rappresentare un mosaico di vita newyorkese dove i diversi personaggi vengono visti nella loro vita sessuale e sentimentale. Sofia è una sessuologa che non ha mai raggiunto l'orgasmo e simula da anni di raggiungere il piacere con suo marito Rob.  Conosce Severin, una maitresse dominatrice e cerca di farsi aiutare da lei. James e Jamie sono invece due compagni che cercano  di aprire la loro relazione a un terzo ragazzo, Ceth. Gran parte di questi personaggi si incontrano allo Shortbus, luogo dove l'arte e il sesso si confondono.  E forse sono proprio i momenti ambientati in questo luogo d'incrocio che appaiono quelli più vivi nel film, in cui si vede lo sguardo del cineasta capace di confondersi in quel flusso sentimentale/orgiastico/sessuale/culturale capace di trasformarlo quasi in un luogo magico. C'è una scena vibrante che è quella in cui Ceth si avvicina a un uomo anziano che è stato sindaco di New York e diventano  per un istante vicinissimi sullo sfondo di un brano melodico. Nel momento in cui esce da quello spazio Shortbus perde gran parte dell'effetto del suo delirio visivo, mostrando giochi erotici anche divertenti ma anche di comicità di bassa levatura, oppure entrando nei drammi privati dei protagonisti quasi cercando di voler entrare in profondità nelle loro vite e creando invece l'effetto opposto, quello di un cinema che appare molto meno sofferto di quanto magari lo è in realtà proprio perché filtrato dai meccanismi di uno sguardo tradizionale, o peggio, apertamente intellettuale. C'è la riflessione sull'America post-11 settembre, su un voyerismo fatto di 'immagini rubate', di gadget utilizzati quasi come giochini da film demenziale o quadretti da commedia sentimentale. In Hedwig c'era un'imperfezione dovuta anche al fatto che Mitchell era entrato completamente nel cuore di quel film. Shortbus probabilmente è anche più ambizioso, più pensato, più lineare. Ma alla fine, decisamente meno riuscito.

--------------------------------------------------------------
IL NUOVO #SENTIERISELVAGGI21ST N.17 È ARRIVATO! in offerta a soli 13 euro

--------------------------------------------------------------

 


Titolo originale: id.


Regia: John Cameron Mitchell


Interpreti: Lee Sook-yin, Pal Dawson, Justin Bond, PJ DeBoy


Distribuzione: Bim


Durata: 102'


Origine: Usa, 2006


 


 

--------------------------------------------------------------
CORSO COLOR CORRECTION con DA VINCI, DAL 5 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative