"Il velo dipinto", di John Curran

Sembra esserci un problema di tempi, nel film di John Curran. Tempi troppo lunghi o troppo corti, che non permettono alle emozioni di seguire un percorso continuo. Forse troppe strade si sono incrociate sullo schermo, ed alla fine hanno dato l'impressione di essere rimaste incompiute

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L'Inghilterra e la Cina, il prima e il poi a riempire lo sguardo, o a tradirlo. Un insistito procedere a passi lenti, attraverso i campi sterminati di un oriente funestato dal colera, lungo le strade polverose che portano al convento, fino in barca, a pelo d'acqua, dove le immagini si riflettono. Vista che toglie il fiato, montagne a perdita d'occhio e orizzonte lontano. Non si può non guardare. Corpi straziati dalla malattia, ammucchiati in una stanza. Si è costretti a guardare, immobili.

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Kitty e Walter si incontrano in una sala piena di gente. Forse però non si tratta di un vero e proprio incontro, ma della volontà di uno nei confronti dell'altra. Sono occhi fissi su un'immagine che non è reale, ma solo la proiezione dei propri desideri. È Walter che guarda Kitty. La segue per le scale e già la fa sua. Potere di uno sguardo. Potere del cinema. Inganno perfetto.


Sguardi deviati o negati. Sguardi mancati. Occhi che non hanno voluto vedere o che non hanno potuto. L'occhio come fonte di movimento e motore di una storia che rimarrebbe altrimenti paralizzata dalla monotonia e incastrata tra le maglie di un colpevole triangolo. Visioni perciò, sempre diverse, sempre distorte, mai  vergini, ma profondamente corrotte. Il viso di Walter che si erge altèro, pieno di rimprovero, inquadrato dal basso verso l'alto. L'intimità del vicino di casa nascosta nella penombra e violata da occhi indiscreti rimasti in disparte, dall'altra parte della tenda. Walter e Kitty che si osservano da lontano, attraverso uno specchio. Sono barriere, rimaste in piedi a lungo. Poi sgretolate in un attimo.


Sembra esserci un problema di tempi però, nel film di John Curran. Tempi troppo lunghi o troppo corti, che non permettono alle emozioni di seguire un percorso continuo. Tempi improvvisamente accelerati, sospinti in avanti, come Kitty trasportata in giro per Shangai al suo arrivo, come la barca che attraversa il fiume al calare del sole. Tempi rubati, sottratti, rapiti, come Kitty/Naomi Watts/Ann in una notte selvaggia orfana di King Kong. Tempi mancanti e poi aggiunti, in un finale rattoppato che si fa beffe di chi guarda, soddisfatto solo di aver chiuso il cerchio e per di più con un'altra inquadratura dall'alto, bella e sofisticata. 


Forse troppe strade si sono incrociate sullo schermo, strade interrotte a metà o semplicemente lasciate incompiute. Troppi spunti rimasti abbandonati, solo accennati. Su tutti la cavalcata di Walter per arginare il rinfocolarsi dell'epidemia che aveva in sé tutte le potenzialità per risultare godibile. Solo un flash però, che sembra quasi un errore, un timido tentativo di conferire movimento ad una pellicola dal cuore profondamente statico.


John Curran è vittima di un tradimento, come i personaggi-fantasma che infestano il suo film. John Curran come Kittty Fane: tradito dai suoi stessi occhi.


  


Titolo originale: The Painted Veil 


Regia: John Curran     


Interpreti: Naomi Watts, Edward Norton, Liev Schreiber, Diana Rigg, Toby Jones Feng                                                                                                                               


Distribuzione: Eagle Pictures


Durata: 125'                                           


Origine: Usa/Cina 2006               

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