"Il colore della libertà" di Bille August

Questo rigoroso e solido ritratto di un'amicizia, perché sarebbe riduttivo parlare di agiografia di Mandela, è la testimonianza che ancora c'è qualche regista in grado di girare un cinema d'impegno, senza sbavature o facili pietismi, con la disciplinata capacità di resistere al richiamo seducente della politicizzazione dello sguardo.

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Raccontare con i fotogrammi della pellicola gli anni bui dell'Apartheid in Sudafrica e la prigionia del leader dell'Anc, Nelson Mandela, ha significato per il regista danese Bille August (Pelle alla conquista del mondo, Con le migliori intenzioni, Il senso di Smilla della neve) ripercorrere 30 anni della nostra storia. Questo perché la segregazione razziale, la privazione brutale e sistematica delle minime libertà personali, l'orrore di omicidi e violenze, sono proseguite ben oltre il limite storico di un paese africano vittima del colonialismo. Dal 1963, anno della condanna di Mandela, al 1990 che segna la sua definitiva libertà, il Sudafrica bianco ha rappresentato l'anacronistica espressione di un paese che si proclamava civile, ma teneva in silenzio la massima voce dell'opposizione politica, con la cinica comprensione della comunità internazionale, avida delle risorse di un paese ricco e prosperoso. Questo è quello che accadeva fuori dalle mura che ospitavano Mandela, interpretato dal bravo Dennis Haysbert (Potere Assoluto, Lontano dal Paradiso) accerchiato da ferree misura di sicurezza, temuto come un feroce terrorista, e per questo affiancato da un premuroso censore James Gregory, un misurato Joseph Fiennes (Shakespeare in love, Luther)  Proprio dalle memorie di quest'ultimo è tratta la sceneggiatura di Goodbye Bafana. Gregory,  afrikaner che ha vissuto l'infanzia in una fattoria nel Transkei imparandone la lingua, è chiamato dai servizi segreti a controllare, con occhi e orecchie, Mandela e i suoi discepoli rinchiusi nell'isola prigione di Robben Island. L'ambizioso Gregory intuisce da subito la possibilità non sapendo quanto la vicinanza del calmo, e saggio, avvocato di colore l'avrebbe trasformato. Così il film di August traccia le tappe di questo rapporto tra il secondino e la carismatica guida  di tutti gli uomini e le donne di colore. È nell'osmosi tra i due caratteri che lo sguardo del regista si sofferma. Divisi, all'inizio del racconto, da mura, sbarre, pensieri e pregiudizi, diverranno l'espressione del cambiamento dei tempi e della società. Lasciando che la storia attraversi il film nei veloci passaggi della televisione o dei giornali August plasma il personaggio di Gregory calcandone le ambiguità e le debolezze, ma allo stesso tempo la libertà di pensiero (la sua ricerca della proibita Carta delle Libertà) e le coraggiose scelte (simbolica e iniziatica quella di consegnare alla moglie di Mandela un cioccolatino da parte del marito). É in questo processo che riemerge il livello autoriale del regista, messo, qui, a servizio di una rigorosa ricostruzione storica. Sarà il lento passare degli anni, il mutare dei radicalismi, e le cicatrici della vita, a cancellare le barriere, e a permettere ai ruoli del prigioniero e del guardiano di dissolversi lentamente. Una sfumatura che saprà alterare le contrapposizioni e liberare l'intensità di un rapporto unico. Applaudito all'ultima Berlinale del Cinema, questo rigoroso e solido ritratto di un'amicizia, perché sarebbe riduttivo parlare di agiografia di Mandela, è la testimonianza che ancora c'è qualche regista in grado di girare un cinema d'impegno, senza sbavature o facili pietismi, con la disciplinata capacità di resistere al richiamo seducente della politicizzazione dello sguardo.

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Titolo originale: Goodbye Bafana
Regia: Bille August
Interpreti: Joseph Fiennes, Dennis Haysbert, Diane Kruger, Shiloh Henderson, Faith Ndukwana 
Distribuzione: Istituto Luce
Durata:117'


Origine:Germania/Belgio/Francia/Ita/Sudafrica, 2006

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