"Svalvolati on the Road" di Walt Becker

Declinazione comica dell'immagine dei bikers, "Wild Hogs", dietro la volgarità e stupidità apparenti, ragiona sulla vecchiaia di una generazione e sulla stanchezza dei miti della libertà e della frontiera. Per poi arrivare, nel finale, a celebrare il vero cuore selvaggio della cultura americana

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Da Il selvaggio di Laszlo Benedek a Easy Rider di Dennis Hopper i bikers, i motociclisti ai limiti della legge, che girano il paese in lungo e in largo sui loro chopper e Harley Davidson, hanno sempre esercitato un fascino sull'immaginario americano. Una versione motorizzata del mito western della frontiera. E un po' come aveva fatto City Slickers nel 1991, ecco che, nell'anno  2007, arriva un gruppo di quattro cinquantenni a mettere alla berlina e al contempo celebrare quel mito. Sono i 'Wild Hogs', "i maiali da allevamento selvaggi". Evidente ossimoro. E in effetti i quattro amici del gruppo, sulla soglia dei cinquant'anni, hanno ben poco di selvaggio. C'è Doug (Tim Allen), un odontoiatra, sposato e con un figlio, Dudley (William H. Macy), un programmatore timido e imbranato, Bobby (Martin Lawrence), costretto dalle ripetute lamentele della moglie a riprendere il lavoro da idraulico "sturacessi", Woody (John Travolta), un finanziere ormai in bancarotta e sull'orlo del divorzio. Uomini stanchi e frustrati, abituati a vivere nel recinto dei loro piccoli orizzonti. Ma con la vecchia passione per la moto, che materializza il sogno e il desiderio di libertà e avventura. Da qui l'idea di un viaggio da Cincinnati al Pacifico, un percorso senza regole e programmi alla ricerca della giovinezza perduta. Ma l'incontro con un gruppo di "veri" bikers capitanati dal durissimo Jack (Ray Liotta), i Del Fuegos (in origine dovevano chiamarsi come un gruppo di motociclisti realmente esistente, gli Hell's Angels, che però pare non abbiano apprezzato), rischia di rovinare tutto. Negli USA il film ha sbancato i botteghini, ma è stato massacrato dalla critica. Probabilmente perché dalla Disney ci si aspetta niente più che i soliti buoni sentimenti all'insegna del politically correct. Qualsiasi deviazione dai percorsi tracciati è un imperdonabile tradimento. Le ripetute tirate sugli omosessuali, le trovate "scatologiche", gli stereotipi su mogli autoritarie e suocere megere fanno gridare allo scandalo e alla volgarità. Strano che poi le stesse battute vengano giudicate come sovversive e irresistibili quando si parla di film come Borat. Misteri della critica. Ma, fino a prova contraria, il primo compito di una commedia è quello di far ridere. E il film di Becker, anche se con mano pesante, ci riesce in più di un'occasione, con momenti che virano decisamente al demenziale (irresistibili le scene finali sui titoli di coda), dove i corpi stessi degli attori, flaccidi e appesantiti, si mostrano "fieramente" in tutta la loro apparente inadeguatezza, ponendosi in aperto conflitto con gli stereotipi del duro eroe della strada. La riflessione sulla vecchiaia e sul tempo che passa si fa concreta e viene a essere la cifra della stanchezza di un'America, che sembra sempre più ripiegata nei fantasmi del proprio immaginario. In fondo quel sogno di una frontiera da superare continuamente non corrisponde (più) alla realtà di un Paese, dove tutto sembra ridursi allo stereotipo predefinito e dove la stessa idea di libertà si annulla nella logica omologante dell'appartenenza al gruppo. Come spiega nel finale l'intervento risolutore del padre di Jack (niente di meno che Peter Fonda!). Ma proprio nel momento in cui si smascherano i falsi miti, si possono celebrare i valori dell'individualismo, dell'amicizia virile, dell'esigenza del rispetto per se stessi. E non importa se fa capolino la retorica. Questo è il vero cuore selvaggio della cultura americana.

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Titolo originale : Wild Hogs


Regia: Walt Becker


Interpreti: Tim Allen, John Travolta, William H. Macy, Martin Lawrence, Marisa Tomei, Ray Liotta, Peter Fonda


Distribuzione: Buena Vista International Italia


Durata: 100'


Origine: USA, 2007

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