SAN SEBASTIAN 54 – "Delirious", l'insana felicità secondo Tom DiCillo

"Sapete cosa significa 'Delirious' in inglese? Essere felici in modo insano, come se la felicità diventasse una forma di pazzia”. Incontro col regista americano, in Concorso al festival basco

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Dopo essere stato membro della giuria nel 2004, Tom DiCillo, fiero combattente nell'arena del cinema americano veramente indipendente, torna a San Sebastian dall'altra parte della barricata, il concorso ufficiale. Delirious è una satira nera travestita da favola che, dopo The Real Blond, Double Whammy e Living in Oblivion, ancora una volta riflette, con semplicitá e spensieratezza, sul mondo dello spettacolo, dello star sytem e sulla fascinazione esercitata in maniera sempre piú massiva dal divismo e dal suo mondo artificiale. Steve Buscemi, che giá aveva prestato il suo volto per il doppio possibile di DiCillo in Living in Oblivion e aveva avuto una piccola parte in Double Whammy, è Les Galantines, un grottesco e allo stesso tempo tragico fotografo ridotto, ma non rassegnato, a fare il paparazzo, che s'insinua ai margini del mondo dello spettacolo, mangiandone le briciole, in attesa di scattare la foto "esclusiva" in grado di cambiare la sua sorte. Michael Pitt interpreta Toby Grace, il personaggio che incarna l'archetipo dell'innocenza. Toby è un vagabondo che non possiede nulla, ma la cui mente risulta essere totalmente vergine, aperta e fiduciosa nei confronti del prossimo e del suo futuro. L'incontro e il rapporto che si instaura tra i due personaggi, con Les che offre a Toby di diventare il suo assistente in cambio di vitto e alloggio, è il pretesto per mettere in scena la complementarietá degli opposti che si necessitano l'un l'altro per essere davvero qualcosa. Una complementarietà che non solo caratterizza la relazione dei due protagonisti, ma che genera e scandisce tutta la costruzione sia formale che narrativa di Delirious.


Il mondo dello spettacolo, nel quale Les introduce Toby, diventa il sogno e l'aspirazione del giovane non appena questi s'innamora, venendo incredibilmente ricambiato, di un'icona del pop, K'harma Leed, ricalcata sull'immagine di una delle tante Britney Spears ed interpretata da Alison Lohman. La scelta formale dai toni iperrealistici, che caratterizza tutta la pellicola, diventa ancora piú estrema quando DiCillo racconta con cinica ironia il mondo dello show business. Il personaggio di K'harma è l'unico a mantere una parvenza di umanitá in un ambiente scintillante, dove le persone sembrano esseri caricaturali imprigionati all'interno di una bolla di sapone, un mondo al limite tra il cinico ed il grottesco dove tutto viene preventivamente costruito da un tanto sapiente quanto falso gruppo di agenti.

L'egocentrismo propio del personaggio di Les crea una frattura nel rapporto di amicizia instaurauto con Toby, quando sceglie di anteporre alla lealtá la ricerca del successo personale. Per Toby l'interruzione dell'amicizia con Les rappresenta non solo lo stimolo che lo spinge a perseguire il suo sogno, ma anche la rinuncia alla sua innocenza. Solo perdendo parte di quell'ingenuo candore il personaggio interpretato da Micheal Pitt puó essere ammesso nel mondo della fama e del successo. Nel corso della pellicola Toby sembra andare a coincidere sempre di più con l'io possibile ma mai realizzato di Les, il quale vive il suo bisogno di affermazione come un rifiuto perpetuato nel tempo, allo stesso momento impossibile da accettare, ma anche inscindibile dalla sua persona.


DiCillo si concede anche un piccolo cameo in un film girato al limite della commedia, dominato dal senso dell'assurdo e dalla logica dell'eccesso, un film dove la prospettiva è troppo poco distorta per essere inquietante, ma anche troppo strana per essere reale. Una New York colorata e brillante come non mai diventa lo spazio della favola, dove Les si dibatte come una mosca impazzita che non puó fare altro se non rimanere nello stesso punto e Toby è un sognatore sospeso ai limiti della realtà, che si dissolve lentamente in una nuvola abbagliante.


Come è nata l'idea di Delirious ?


Normalmente i miei film nascono pensando a uno o due personaggi. Nel caso di Delirious, il primo personaggio che mi è venuto in mente è stato Toby. Ho letto molti libri e visto molti film in cui era presente un personaggio innocente, che improvvisamente ottiene successo e fama, quindi ho pensato a come per certe persone il successo sia una cosa che arriva dal nulla, loro non fanno niente di particolare per riuscire ad ottenerlo, mentre altri invece devono lavorare sodo per affermarsi. Il primo personaggio che mi è venuto in mente è quindi Toby, il ragazzo che diventa famoso naturalmente, come se fosse stato benedetto da dio. Subito dopo ho pensato a quale potesse essere la rappresentazione del suo opposto ed è venuto fuori il paparazzo, Les. La cosa importante per me era collocare tutti e due questi personaggi all'ombra e al limite del mondo delle celebrità. In Delirious non è il mondo delle star ad interessarmi, ma quello ad esso marginale, dove Les vive e lavora. La gente è sempre più dipendente da quello che le star fanno o dicono, anche quando le cose che fanno o dicono non hanno nessun senso o valore. Tutto questo è un processo perverso, impossibile da fermare. In tutto il mondo ci sono persone che seguono la vita delle star 24 ore al giorno, che s'immaginano e sperano di vivere la loro vita. Sapete cosa significa la parola 'delirious' in inglese? Vuol dire essere felici in modo insano, come se la felicità diventasse una forma di pazzia. E il mondo delle celebritá sembra promettere alle persone una felicitá senza limiti, ingigantita ed inventata dall'universo della comunicazione. Ma in Delirious, come dicevo prima, il mondo delle star e tutto ció che vi è connesso è solo lo scenario in cui si svolge la storia che m'interessava raccontare veramente, ossia quella dell'amicizia tra Les e Toby, una storia nella quale Toby ottiene il successo e sparisce dietro una nuvola, mentre Les rimane sul pianeta terra, cercando di sopravvivere, lottando come la maggior parte di noi.

Perchè la scelta formale di raccontare questa storia attraverso toni tanto brillanti e colori così accesi?


Ho voluto girare Delirious come se stessi raccontando una favola dove Toby rappresenta il personaggio innocente che cammina nella foresta e Les, invece, rappresenta una specie di orco appostato sotto un ponte che blocca il cammino di Toby, dicendogli che non potrá procedere fino a quando gli dará qualcosa in cambio. La favola è l'elemento centrale del film, dove a volte prevalgono gli elementi più oscuri e a volte quelli fantastici. I miei riferimenti sono stati Un uomo da marciapiede di John Schlesinger e Tutti per uno di Richard Lester: il primo è un film del 1967, che ha uno stile molto più moderno ed innovativo dei film che si vedono oggi, lo stesso vale per Tutti per uno. Da Un uomo da marciapiede ho preso il contrasto tra la parte oscura e nebbiosa di New York ed il suo fascino scintillante e surreale, dal film di Lester invece la sua essenza spumeggiante.


Che rapporto ha con gli attori e la troupe?


Sono un regista molto aperto agli altri ed allo stesso tempo sono anche molto chiaro e questo spesso mi crea dei problemi. La maggior parte delle persone che lavorano nel mondo dello showbusiness sono persone con disturbi mentali, che avrebbero bisogno di andare in analisi. Portano sul set le loro stronzate, compromettendo la riuscita del film. Questo succede soprattutto nei film con basso budget come i miei, dove devi lavorare molto velocemente perchè non ci sono abbastanza soldi. Quindi se ad esempio il direttore della fotografia viene offeso nel suo ego e decide di non girare una scena perchè la mia visione è diversa dalla sua, è tutto il film a risentirne. Comunque io cerco sempre di essere il più aperto possibile soprattutto con gli attori. Le mie idee sono sempre molto chiare, ma lascio spazio anche a loro. Quando ti trovi di fronte ad un attore come Steve Buscemi la cosa migliore da fare è caricare la molla come se fosse un giocattolo e poi mettersi da parte e lasciarlo fare. Era impossibile prevedere il rapporto che Buscemi avrebbe instaurato con Pitt, così li ho semplicemente lasciati interagire. Le riprese nella casa di Les sono tutte girate con la camera a spalla  e molte delle inquadrature sono state improvvisate seguendo i movimenti di Buscemi. Tutto questo ha contribuito a rendere spontaneo il film.


Perchè predilige il genere della commedia per raccontare le sue storie?


Perchè penso che sia più reale, più vicino alla vita vera. Non c'è nulla di divertente nell'uragano Katrina o nella guerra in Iraq. Io non saprei trovare degli elementi divertenti in nessuna di queste due cose. Invece ad esempio c'è un regista kurdo, Bahman Ghobadi, che ha vinto qui a San Sebasatian nel 2004 con Turtles Can Fly, che nel suo film è riuscito a trovare anche il lato divertente di una situazione molto drammatica. Fellini era un maestro nel rappresentare in chiave ironica i comportamenti umani.

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