"Eagle Eye", di D.J. Caruso

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Nelle sue fondamenta questo techno thriller ha due colonne: Isaac Asimov e Steven Spielberg. Fantasmi che rimangono a delineare lo sviluppo visivo di una lunga e irrefrenabile corsa. Ma proprio quando il film dovrebbe fermarsi va oltre strappando il sipario con un finale davvero modesto

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In mondo sempre più tecnologizzato e parcellizato in miliardi di invisibili microchip cosa può accadere se ad tratto tutto ciò che vive e si anima grazie all'intelligenza di un computer agisce secondo i propri istinti? Se all'improvviso due sconosciuti Jerry Shaw (Shia LaBeouf ) e Rachel Holloman (Michelle Monaghan ) si ritrovano a dover correre insieme una corsa contro il tempo spiati da un occhio invisibile e terrorizzante capace di dominare ogni oggetto elettronico. Di quale piano terroristico sono diventate le fragili pedine? Nelle sue fondamenta questo techno thriller diretto abilmente da D.J. Caruso (Disturbia) ha due colonne: l'ispirazione, da un racconto dello scrittore Isaac Asimov "All the troubles of the world", e lo sguardo attento di un produttore come Steven Spielberg (già decisivo in Disturbia). Padri putativi (ingombranti?) di questa storia. Fantasmi che rimangono a delineare lo sviluppo visivo di una lunga e irrefrenabile corsa. Spinto al massimo da un montaggio assai virtuoso e capace di incedere nelle trincee di una sceneggiatura complessa e infarcita di personaggi (l'agente dell'FBI, Bill Bob Thornton e il segretario di Stato, Micheal Chiklis) e citazioni (vedere finale) il film resiste, sobbalzando e sbandando a volte, ma arrivando a delineare uno scenario finale da delirante assalto alla Stato. Rinchiusi in un labirinto scandito dalle tappe telefoniche di una voce (Julianne Moore), Jerry e Rachel, il primo sospettato di essere un terrorista come il fratello eroe di guerra morto in un incidente, la seconda madre apprensiva minacciata di perdere il figlio, diventeranno le due pedine pronte a tutto pur di assecondare il piano misterioso messo in piede dalla voce. Strumenti, come in fondo ogni singolo oggetto elettronico quotidiano, pronti a ribellarsi all'uomo per costruire un nuovo scenario futuro, ma non a dare il colpo finale. Quello è destino degli uomini, costretti ad obbedire e ad inchinarsi alla macchina, alla sua infinita rete di controllo. Armi alla mano pronti ad uccidere il Presidente. La giustizia dell'intelligenza artificiale è molto più selettiva di altre ben più superiori, è chirurgicamente precisa, vuole eliminare solo chi ha preso le decisioni. Non cerca la fine del genere umano, ma ha la responsabilità delle scelte. Non vuole sostituirsi a noi ma determinarne le colpe.
Siamo così lontani dall'Odissea Kubrichiana ma così vicini alla sua fragranza filmica. In un gran finale innalzato a maestoso deja vu: dove l'occhio e la voce del mastodontico computer Aria sono lo specchio del monoculare HAL 9000, e il tentativo finale del maggiore Bowman e dell'agente Perez (Rosario Dawson) di distruggere la memoria del cervellone rievocano l'avventura ai confini dell'universo dell'altro Bowman. Austronauta dell'immortale Discovery. Il cinema, autentica e infinita riproduzioni di immagini in movimento, potrebbe fermarsi qui. Lasciare che la memoria di tutti lavori e saldi ciò che emana l'immaginario. Purtroppo non è così. Fotogramma dopo fotogramma il film va oltre e invece di chiudere il sipario lo strappa con la banalità di un finale pedagogico davvero modesto.

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Titolo originale: id.
Regia: J.D Caruso
Interpreti: Shia LaBeouf, Michelle Monaghan,
Rosario Dawson, Bill Bob Thornton
Distribuzione: Universal
Durata: 110'
Origine: Usa, 2008

Trailer originale:

 

 

 

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