"Paul, Mick e gli altri" di Ken Loach

Dopo la parentesi americana di “Bread and Roses”, Loach torna nelle periferie inglesi per raccontarci una (non) nuova storia di disagio e di disoccupazione.

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Dopo l’anomala parentesi americana di “Bread and roses”, incentrata sulla rivendicazione di un gruppo di lavoratori ispanici immigrati in California, Ken Loach torna in Gran Bretagna, nella periferia dello Yorkschire, per raccontarci una (non) nuova storia di disagio e di disoccupazione. Il protagonista è ancora lui, il proletariato inglese, ma diversamente da “My name is Joe”, dove il cineasta si soffermava sull’analisi disperata di un caso individuale, “The Navigators” è un affresco corale che nasce sullo sfondo di una solidarietà umana (ancor prima che di classe) e che rievoca, attraverso il piglio ironico e gli scherzi con cui i lavoratori reagiscono alle avversità della vita, le vicende dei muratori ribelli di “Riff-Raff”. Tornano quindi i paesaggi monotoni, le lunghe file di villette a schiera, i grigi casermoni abbandonati. Tornano le immagini sgranate, i movimenti sincopati della camera a mano che seguono i suoi personaggi al lavoro, nelle case, tra i pub. E riemerge il senso di spaesamento per uno sguardo che ha perso il coraggio di penetrare a fondo, faticosamente e dolorosamente, all’interno delle piccole realtà familiari, come accadeva in “Ladybird Ladybird”, per privilegiare un desiderio onnivoro che aspira ad abbracciare la complessità dell’intera realtà economica e sociale. Si può quindi rimproverare a Loach di portare avanti un cinema segnato dall’incapacità di qualsiasi evoluzione stilistica e formale, ancorato a un’idea di militanza, ferma agli anni Sessanta e non sempre scevra di un oggettivismo ipocrita. Si può rimproverargli il suo essere preoccupato, in maniera preponderante, dei contenuti e degli effetti e di sostenere, più o meno esplicitamente, che il cosa comunicare sia più importante del “come” comunicare, privilegiando il realismo sociale populista alla dialettica marxista. Eppure la storia di questo gruppo di operai delle ferrovie, alle prese con la globalizzazione e il “dictat” della flessibilità del lavoro, forse perché basata su un racconto vero, ci coinvolge e, a tratti, ci disarma. E allora, la ripetizione di stile e di temi può non esser visto come un elemento screditante nella valutazione dell’opera di Loach ed essere semplicemente inteso come un segno tangibile, delle sua necessità di fare cinema.Titolo originale: The Navigators
Regia: Ken Loach
Sceneggiatura: Rob Dawber
Fotografia: Barry Ackroyd, Mike Eley
Montaggio: Jonathan Morris
Musica: George Fenton
Scenografia: Martin Johnson
Costumi: Theresa Hughes
Interpreti: Joe Duttine (Paul), Steve Huison (Jim), Tom Craig (Mick), Dean Andrews (John), Venn Tracey (Jerry), Sean Glenn (Harpic).
Produzione: Rebecca O’Brien per Parallax Pictures/Road Movies
Distribuzione: Bim
Durata: 92’
Origine: Gran Bretagna/Germania/Spagna, 2001

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