TORINO 24 – "Accoltellati", di Tonino De Bernardi (Detours)

Si tratta di venire su con le lame appuntite, i coltelli bene in vista, le armi pronte e puntate, e preferibilmente non a punta smussata – come la videocamera-coltello di una delle ultime inquadrature del film: è la grande lezione del cinema senza compromessi, scomodo e accoltellatore di Tonino De Bernardi

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Il digitale pone il problema della presenza di chi gira, ingombrante perché terribilmente percettibile, evidente, impossibilitato a nascondersi perché costretto ad essere lì, 'in mezzo all'azione', incollato ai personaggi come nuovo personaggio, invisibile ma sotto (meglio: davanti – o dietro?) agli occhi di tutti. Puntando al massimo realizzabile del dettaglio, il cinema in digitale non può che rivolgersi verso l'interno, verso sé stesso, nato com'è da una 'mutazione' del filmino familiare girato dai papà. Accoltellati può forse rappresentare una nuova riflessione anche su questo – seppure il regista potrà non essere d'accordo (detto tra parentesi, ci è parsa davvero affascinante la teoria di uno spettatore ascoltata nell'incontro con De Bernardi successivo alla proiezione, e subito rigettata dall'autore, di Accoltellati come di un Kill Bill italiano, con la piccola Giulietta De Bernardi che canta Bang Bang in italiano in colonna sonora e quella formidabile sequenza finale di accoltellamenti vari senza sangue a teatro – e l'irresistibile esibizione canora iniziale di Maria De Medeiros…!!). D'altra parte, Tonino De Bernardi nel suo cinema, nei suoi film in DV, il problema della 'regia nascosta e occultata' non se l'è mai posto: le sue opere abbondano degli stilemi underground delle ombre dell'operatore ai lati dell'inquadratura, lucette rosse della videocamera in modalità 'rec' che si riflettono nei vetri e negli specchi, persone inquadrate che guardano ripetutamente in camera, movimenti sgraziati e 'poco puliti' di chi riprende – anche quest'ultimo, strepitoso Accoltellati è a conti fatti un film di corteggiamenti e inseguimenti: dei personaggi coi personaggi, delle inquadrature coi personaggi, delle inquadrature con le cose, delle cose coi personaggi, dei personaggi con le cose: ma questa volta il regista torinese si spinge ancora più in là, e con uno dei suoi caratteristici atti di estremo coraggio e di altrettanto estrema dolcezza, inserisce nel montaggio finale frammenti di dialoghi con amici e conoscenti, che chiamandolo per nome dietro alla videocamera raccontano stralci della propria vita e dei propri sentimenti. Come per contraccambiare, il regista mette in scena l'atmosfera familiare di un pranzo a casa De Bernardi, ponendo a piccola protagonista la nipotina Giulietta, che spesso anche lei guarda dietro all'inquadratura ed esordisce "Nonno, posso….", per poi mettersi meravigliosamente a dirigere una scena: "allora, adesso tu mi guardi mentre mangio questa prugna, poi io ti mostro dove l'ho morsicata…". Ecco dunque l'educazione cinematografica della giovane Giulietta, ed è giusto, è davvero sacrosanto che la voce off di De Bernardi esorti la bambina ad impugnare un coltello e a mostrarlo all'obiettivo della videocamera – perché si tratta dello stesso discorso (e di questo coltello si parlava già in Marlene de Sousa del 2004, senza mai vederlo in scena): venire su con le lame appuntite, i coltelli bene in vista, le armi pronte e puntate, e preferibilmente non a punta smussata – come la videocamera-coltello di una delle ultime inquadrature, che insegue la donna incinta mentre scappa via: è la grande lezione del cinema senza compromessi, scomodo e accoltellatore di Tonino De Bernardi.

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