TORINO FILM FESTIVAL: "Descrizione di una battaglia", di Gianni Rondolino (prima parte)

Mentre a Torino si ufficializza Moretti nuovo Direttore del Festival (auguri sinceri, Nanni!), riceviamo da Gianni Rondolino – e volentieri pubblichiamo – un lungo, accorato e appassionato diario degli ultimi mesi della "Battaglia di Torino". Date, nomi, riunioni e discussioni: nulla sfugge a una ricostruzione che non sembra voler deporre le armi…

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Nota al testo: data la lunghezza abbiamo diviso in due parti la ricostruzione di Rondolino. Sono redazionali la scelta delle foto, le didascalie e le date evidenziate in grassetto. Tutto il resto è il documento integrale dell'ex Presidente del Torino Film Festival  

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Forse è meglio partire dalla fine, da quello che possiamo chiamare un armistizio dopo oltre due mesi di battaglia senza quartiere fra un uomo solo, appoggiato dalla maggioranza dell'associazione di cui è presidente, e una schiera di politici e mestatori, che hanno dalla loro la forza del denaro e del potere e la nomea di esperti e organizzatori provetti. E la fine è, ovviamente, un coro di necrologi, quasi che la battaglia si sia conclusa con la confitta dell'uomo solo e la vittoria della schiera (senza accorgersi probabilmente che i veri sconfitti sono loro, i politici e i mestatori).


Comincia l'assessore alla cultura della Regione Piemonte professor Gianni Oliva, da molti considerato un illustre "storico di riporto", il quale, sapendo che aleggia sul suo capo il rischio di una denuncia per abuso di atti d'ufficio e minacce personali (aveva dichiarato ai giornali il 31 dicembre 2006 che se Gianni Rondolino "si presenterà in Regione lo farò cacciare dagli uscieri"), esprime pubblicamente il suo cordoglio con parole sentitamente addolorate: "E' un uomo che alla vita culturale della città ha dato molto" (La Repubblica, 19/1/2007). Dimenticando che venti giorni prima aveva dichiarato: "C'è stata una totale sopravvalutazione di quello che Rondolino rappresenta a Torino. Solo se stesso e quattro amici, suoi coetanei e colleghi" (La Repubblica, 31/12/2006). D'altronde il medesimo giorno su "La Stampa" aveva affermato: "Torino si deve liberare dei grandi vecchi che sono vecchi senza essere grandi". Ma in un necrologio, queste cose non si possono dire, e allora meglio sostenere pubblicamente che il Professore fu un uomo che diede molto alla vita culturale della città.

Non vuole essere da meno l'altro assessore alla cultura coinvolto nella battaglia del Torino Film Festival, il professor Fiorenzo Alfieri del Comune di Torino, a suo tempo alfiere del Festival Cinema Giovani, oggi Torino Film Festival. Uomo di raffinata cultura internazionale, aperto al nuovo come pochi, inventore di "Luci d'artista" (immortalate da Davide Ferrario in Dopo mezzanotte), Alfieri apprezza l'uscita di scena del Professore, ormai passato a miglior vita, e dichiara: "Sono contento che abbia scelto di sistemare le cose prima di andarsene". Forse la forma è meno raffinata di quella del professor Oliva, ma la sostanza è la stessa. E poiché uno dei motivi di questa lunga battaglia è stata proprio la contrapposizione tra forma e sostanza, non è importante sottolineare queste differenze di stile. Ma poiché, oltre a essere un uomo di raffinata cultura, è anche un didatta di provata esperienza, aggiunge nel suo necrologio, una piccola lezione di filosofia spicciola: "Si dimostra la validità della dialettica hegeliana. Abbiamo avuto la tesi degli assessori, l'antitesi di Rondolino, e il sindaco che ha fatto la sintesi, prendendo il meglio della tesi e dell'antitesi. Tutte le fasi sono indispensabili. Senza tesi non c'è antitesi, e l'ultima fase è quella determinante". Non accorgendosi, l'ex direttore didattico, che la tesi era l'intromissione della politica nella cultura, l'antitesi la libertà della cultura dalle influenze politiche, e la sintesi il ristabilimento delle regole infrante, cioè l'affermazione che la cultura non può subire nessuna ingerenza politica.

Più contenuto, com'è nel suo stile di signore di provincia, il dottor Alberto Barbera si limita a esprimere il suo dispiacere per la dipartita del Professore, con cui si era laureato molti anni prima, ma esprime la sua riconoscenza con sentite parole di cordoglio: "Io con Rondolino sono cresciuto, ho studiato e lavorato per una vita. E' chiaro che mi dispiace" (La Stampa, 20/1/2007).


Chi invece non si contiene, com'è nella sua natura di impulsivo e travolgente, è l'altro combattente di questa battaglia all'ultimo sangue, il dottor Stefano Della Casa, detto "Steve" per l'antica militanza politica, anch'egli laureatosi col Professore. E' un fiume in piena, come lo era stato nella sua intervista a Repubblica (30/12/2006), quando, dopo la rinuncia di Nanni Moretti a dirigere un non meglio identificato festival cinematografico torinese, era stato esplicito nel suo eloquio elegante e raffinato: "E' tutta colpa di un signore [Rondolino] che pensa solo ai cazzi propri. Il danno al sistema cinema che ha fatto questo personaggio è incalcolabile. Torino non potrà riaversi mai più da questa botta d'immagine. Ed è tutta e solo responsabilità di questo signore. […] E' una persona che veramente ha una dose di cattiveria, malignità, egoismo ed egocentrismo che sono inammissibili in qualsiasi contesto civile. […] E' bene che la città se ne renda conto e decida se vuole dare tutto a lui o liberarsene". Concetto ribadito sulla "Stampa" (31/12/2006) in cui dice: "Spero che almeno tutto questo ci liberi da una scheggia impazzita, riuscita da sola a combinare più danni di uno tzsunami". Adesso che il Professore è passato a miglior vita, Della Casa, preoccupato per una denuncia di diffamazione a mezzo stampa e di minacce di stampo mafioso che aleggia sul suo capo, quasi si commuove e detta un necrologio che rimarrà negli annali della storia del cinema a Torino: "E' una figura importante del cinema italiano e ha segnato in modo decisivo il sistema cinema piemontese: qui, tutto ciò che riguarda il cinema è avvenuto con il suo contributo".


Insomma, è un peana di commozione collettiva, una cateratta di lacrime di coccodrillo, che riportano la figura vituperata del Professore sugli altari della gloria.

A questo punto, per spiegare queste reazioni e ricollocare il tutto nella giusta prospettiva storica, è bene fare un passo indietro, tornare all'inizio delle ostilità, cercare di capire e di far capire come sia successo che una sola persona abbia potuto distruggere il cosiddetto sistema cinema torinese e piemontese, e per alcuni addirittura "la città di Torino".


Tutto cominciò il 3 novembre 2006 alle 18,30. In una sala della Mole Antonelliana, sede prestigiosa del Museo Nazionale del Cinema, si tenne la conferenza stampa della 24° edizione del Torino Film Festival, diretto da Giulia D'Agnolo Vallan e Roberto Turigliatto. Presenti il presidente, i due direttori e i tre assessori alla cultura della Regione Piemonte, della Provincia e del Comune di Torino, gli illustri signori Oliva, Giuliano e Alfieri, quest'ultimo, in un lungo intervento, rivendicò la paternità del festival, da lui concepito nel lontano 1981 e affidato alle cure di Ansano Giannarelli e Gianni Rondolino, che ne stesero il progetto, e in maniera alquanto vaga e confusa disse che occorreva tornare alle origini, ritrovare lo spirito iniziale, svecchiarlo e rinnovarlo. Un discorso evidentemente criptico, che solo gli altri assessori e alcuni dei presenti (Barbera e Casazza, presidente del Museo) compresero. Domenica 5 novembre, nella bella casa di Alfieri con vista sul Monte dei Cappuccini, Rondolino chiese ragione di quel discorso e fu messo al corrente (forse incautamente) di un progetto di ristrutturazione del Torino Film Festival, elaborato da Barbera e Della Casa già da alcuni mesi e fortemente sponsorizzato da Oliva e dallo stesso Alfieri, che prevedeva, fra l'altro, che Barbera ne diventasse il presidente dando a Rondolino, come usa in questi casi, la presidenza onoraria: infrangendo lo statuto dell'Associazione Cinema Giovani e la convenzione fra l'Associazione e il Museo del Cinema. Un progetto concepito e discusso al di fuori di ogni regola, che Barbera e Della Casa (soci di Cinema Giovani, Barbera anche membro del Consiglio direttivo) avevano proposto ai politici locali, che già per loro conto (soprattutto Oliva) pensavano a un accorpamento di tutte le attività cinematografiche torinesi e piemontesi in un unico centro direzionale costituito dal duopolio Museo Nazionale del Cinema (direttore Barbera) e Film Commission Torino Piemonte (presidente Della Casa). In altre parole la conquista del potere culturale in campo cinematografico da parte di due persone sostenute politicamente dai centri del potere comunale e regionale. Rondolino rifiutò qualsiasi offerta, rivendicò l'autonomia del Festival, disse che di tutto ciò si poteva parlare solo nell'ambio dell'Associazione, al di fuori di ogni ingerenza politica, diretta o indiretta.

Il 7 novembre si riunisce il Consiglio direttivo dell'Associazione, che prende in esame le eventuali modifiche da apportare al Torino Film Festival e decide di aggiornarsi al 22 novembre per approfondire la questione, invitando a partecipatevi anche il presidente del Museo del Cinema Sandro Casazza. Ma il 13 novembre Rondolino, avendo avute altre informazioni sul "progetto segreto" Barbera-Della Casa, scrive una lettera a Casazza informandolo che è opportuno anticipare al 17 novembre la riunione del 22, dal momento che, non essendo riusciti a trovare un accordo preliminare sulla nomina del direttore del festival (il mandato di D'Agnolo Vallan e Turigliatto sarebbe scaduto il 31 dicembre 2006), mentre varie voci in proposito si stavano diffondendo in città intorbidando le acque, dovendo inoltre procedere speditamente in tal senso anche in prossimità dell'incontro col ministro Rutelli a Roma per il possibile accordo fra i tre festival autunnali (Venezia, Roma e Torino), e infine essendo corretto verso i direttori uscenti dire loro al più presto se sarebbero stati confermati o no (come sempre era avvenuto nella storia del festival, a meno che il direttore non chiedesse esplicitamente di non esserlo, come era accaduto per Della Casa a suo tempo), l'imminenza della conferenza stampa di chiusura del festival, prevista per il 18 novembre, imponeva la data del 17. E quel giorno si tenne il consiglio al completo (Barbera, Gorlier, Rondolino, Vallero, Zanetti), in cui, all'unanimità, si decise che "il Torino Film Festival, visto il successo sempre crescente e la serietà culturale del suo programma, debba conservare sostanzialmente la sua natura originaria. Naturalmente si possono evidenziare nuove necessità, anche in rapporto a quanto avviene nell'ambito dei festival cinematografici italiani e stranieri, ma ciò non significa in alcun modo stravolgere la struttura stessa del festival e la sua riconosciuta identità culturale. In tal senso il Consiglio ribadisce la sua funzione di garanzia dell'indipendenza del festival".

Il giorno dopo, in una conferenza stampa appositamente convocata, il presidente informa dell'avvenuta riunione del Consiglio, del riconoscimento unanime per l'ottimo lavoro svolto dai direttori D'Agnolo Vallan e Turigliatto negli ultimi quattro anni, del crescente successo nazionale e internazionale del festival sotto la loro guida, e del suo personale desiderio di riconfermarli alla direzione per il prossimo quadriennio, proponendo il loro nome all'attenzione del Consiglio d'Amministrazione del Museo del Cinema, dal momento che, in base alle convenzione stipulata nel 2005 fra i due enti, il direttore del festival "sarà scelto in accordo tra il Cinema Giovani e il Museo del Cinema". A questo punto cominciano le vere e proprie ostilità da parte della coppia Barbera-Della Casa e dei loro referenti politici. I quali, affermando perentoriamente la loro volontà di interferire di fatto con l'indipendenza del festival, avevano nel frattempo scritto una lettera datata 14 novembre 2006, nella quale chiedevano "un momento di confronto con gli organizzatori di Torino Film Festival e con i soggetti del Sistema Cinema torinese […] nella convinzione che il Festival  torinese debba qualificarsi come una delle eccellenze culturali del nostro territorio" (dimenticando che da almeno dieci anni il festival era una delle "eccellenze culturali" locali).  Va ricordato che "i soggetti del Sistema Cinema torinese" non sono altri che il Museo del Cinema diretto da Barbera e la Film Commission presieduta da Della Casa!


Questo "momento di confronto" si tenne il 29 novembre presso la Regione Piemonte e si trasformò in un processo alla gestione D'Agnolo Vallan-Turigliatto del festival, con un accusatore (il dottor Barbera) e un difensore (Rondolino), ma in assenza degli imputati, non invitati alla riunione. La quale si protrasse per quattro ore in un clima acceso, con momenti di rissa verbale e accuse reciproche, alla presenza dei tre assessori olimpicamente seduti sui loro scranni ad assistere a una vera e propria faida di basso profilo. Anziché discutere del vago e generico progetto della coppia Barbera-Della Casa, si preferì la guerra per bande, o meglio di una agguerrita banda di guastatori contro una sola persona. Naturalmente di questo indegno processo a porte chiuse non si volle redigere il verbale (almeno così accertò Rondolino, dopo aver scritto una lettera indignata agli assessori, che si guardarono bene dal rispondere). Una cosa tuttavia si ottenne, proprio grazie al deciso intervento finale di Rondolino: che si riunissero i due direttori in carica D'Agnolo Vallan e Turigliatto e i due ex-direttori Barbera e Della Casa per "esaminare le criticità emerse e le cause che possono averle determinate, in vista delle deliberazioni che le stesse Amministrazioni assumeranno in relazione alle future edizioni del Festival" (come si legge nella lettera degli assessori del 5 dicembre 2006). Un modo burocratico e politichese per imporre ancora una volta la volontà dei politici sulle libere iniziative  di una associazione culturale riconosciuta per la sua indipendenza e serietà, organizzatrice di un festival cinematografico che, nel corso degli anni, si è andato affermando fra i migliori e più originali in campo nazionale e internazionale.


 


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