Venezia 64 – "Il cinema non è un'analisi sulla società,è un'indagine sull'uomo" – Incontro con Ang Lee

Dopo l’applaudita visione di Lust, Caution, diventa interessante seguire i per cosri creativi di Ang Lee, regista che, per antonomasia, riesce ad interpretare due culture fra loro distanti e di cui il regista taiwanese sembra essere diventato un importante punto di contatto

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------

Molto atteso l’incontro con Ang Lee l’autore di Lust, Caution, in concorso e visto ieri sera sugli schermi veneziani.
Il regista taiwanese era accompagnato anche dai suoi attori principali Toni Leung e Tang Wei per parlare di questa sua ultima fatica che lo fa ritornare in Cina durante l’occupazione giapponese.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

Qual è il vero rapporto del suo cinema con il sesso e soprattutto qual è il suo rapporto con i personaggi femminili che sono un po’ assenti dal panorama dei suoi film?
Per come la vedo io il cinema, i film, servono per ricercare se stessi e quindi, in questo senso, non ha molto senso parlare di sesso, o meglio ne ha in senso generale. Non mi importa molto del tipo di sesso, quello eterosessuale oppure omosessuale, ciò che mi interessa davvero è l’ambiguità che sta dentro i personaggi. In fondo il cinema non può diventare un’analisi sulla società, quanto, invece, è piuttosto un’indagine sull’uomo.

Rispetto al romanzo Se, Jie di Eileen Chang, dal quale il film è tratto, lei ha dedicato molto più tempo al finale…
Il romanzo è una lunga riflessione che l’autrice fa su stessa. Ma in particolare ci sono alcune pagine davvero oscure in cui la trama sembra celarsi agli occhi del lettore piuttosto che esplicitarsi. Durante la scrittura di adattamento quello che si è tentato di fare è di gettare luce su questi chiaroscuri lasciando intatta l’enigmaticità di fondo della trama. In ogni caso considero il romanzo un punto di partenza e non di arrivo. In qualche modo ho voluto saltare fuori dalla storia del libro sviluppando quelle tensioni oscure che si manifestano anche nell’ambiguità della sua scrittura. Il cinema mi ha permesso di mantenere quell’ambiguità necessaria del racconto, ma nel contempo, di rendere esplicito che l’autrice tende a nascondere.

Lei è un autore a cavallo di due culture quella asiatica e quella occidentale, come funziona questa ambivalenza nel suo cinema e soprattutto a quali effetti porta?
Come dicevo prima i film si realizzano soprattutto per indagare su stessi e in questo senso la mia doppia cultura credo mi sia molto di aiuto. Voglio fare un esempio, forse banale, è come andare nello spazio e guardare da molto lontano la terra. Da lontano alcune cose si capiscono meglio e prima e ti consentono soprattutto di capire meglio gli errori che stai commettendo. Quindi posso dire che senza dubbio mi piace essere a cavallo di queste due importanti culture e nonostante le mie origini, guardare le cose con l’occhio dell’occidentale. Ma in fondo questo doppio sguardo ha anche un altro pregio che è quello che ti permette di entrare nel cuore delle due culture alle quali appartieni.

I sui film sono stati spesso etichettati, inseriti in un genere in cui prevaleva la sensualità, lei come vede questo modo di guardare il suo cinema?
Certo la sensualità nel mio cinema occupa un posto centrale, in tutti i miei film è una componente essenziale, se si vuole c’è anche una violenza latente, ma non credo che il mio cinema sia soltanto quello. In altre parole non mi sento concentrato solo su questi argomenti.

Ma questo film contiene molte sequenze di sesso, è un film molto esplicito in quella direzione…
Ho vissuto molto di quella che si chiama cultura popolare negli Stati Uniti, ho realizzato film come Terminator 3 che è un po’ il frutto della mia immersione in quella cultura.

Ora a qualche anno di distanza da quel film e dopo avere comunque anche in altro modo raccontato l’occidente, avevo voglia di qualcosa di differente. Volevo allontanarmi da quella cultura popolare e volevo esplorare altri luoghi, anche per trattare temi e argomenti che da sempre fanno parte del mio cinema. Per questo ho guardato ad un romanzo come Si Jie, Gli argomenti del libro mi interessavano e mi interessava molto l’indagine sotterranea sui personaggi che la Chang persegue con estrema capacità. Il motivo di tutto ciò? Credo di essere davvero schiavo della voglia di esprimermi e di doverlo fare attraverso le immagini.

Dal punto di vista della libertà creativa ha avuto problemi?
Nessun problema e soprattutto ho avuto una grande libertà dal punto di vista tecnologico, nel senso che ho potuto utilizzare anche in un film del genere le novità che la tecnologia ci offre.

Lei due anni fa ha ricevuto il Leone d’oro qui a Venezia, lo scorso anno è toccato ad un altro regista asiatico. Cosa pensa del cinema asiatico e cinese in generale e di questa massiccia partecipazione ai festival occidentali?
In primo luogo devo dire che mi sento onorato e fortunato di essere qui con un film cinese. Il Direttore della Mostra è un sinologo e certo questo aiuta, ma credo che gli orientali debbano continuare a realizzare film belli, come spesso è accaduto in questi anni, altrimenti non credo che il cinema asiatico possa ricevere apprezzamenti. In ogni caso i premi che ho ricevuto sono anche merito degli attori che ho avuto il piacere di dirigere.

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array