"Pathfinder – La leggenda del guerriero vichingo" di Marcus Nispel

Pellicola con una sua robusta dignità, affascinante nella sua fisicità barbara e superomistica, ma allo stesso tempo troppo prevedibile e farraginosa nella costruzione narrativa. Forse eccessivamente compiaciuta del suo estro spettacolare teutonico, fragilissima nei ritratti psicologici, ma con momenti suggestivi non trascurabili

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pathfinderCinquecento anni prima dell’arrivo di Colombo, il Nuovo Mondo viene minacciato da violente scorribande compiute da tribù vichinghe del Nord Europa. Saccheggiatori senza scrupoli, il cui unico scopo è quello di decimare le popolazioni indiane per insediarsi nelle nuove terre americane. Sarà proprio uno di loro però a impedire che il massacro venga compiuto.  Fantasma (questo il nome con cui il protagonista viene chiamato nel corso del film) è infatti un bambino nordico superstite di una spedizione, che nel prologo viene trovato da una donna indigena in una spettrale nave abbandonata e finisce presto con l’ essere allevato amorevolmente da una tribù nordamericana. Quando sarà diventato un uomo, Fantasma non esiterà quindi a salvare gli indigeni dalle grinfie distruttrici della razza vichinga e vendicarli dei massacri subiti.

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Diretto dal tedesco Marcus Nispel, di cui ricordiamo con discreto entusiasmo il remake di Non aprite quella porta, Pathfinder è il rifacimento di una pellicola danese del 1987 intitolata Ofelas, ma ha forti debiti anche con diverse operazioni recenti e non. Già lo spunto narrativo iniziale del bambino allevato in una tribù ricorda molto da vicino i film western progressisti anni ’70. Ma più in generale sono non pochi i punti in comune con Apocalypto. Intere sezioni di Pathfinder rimandano infatti al film di Mel Gibson: dallo sterminio sanguinolento con cui viene a chiudersi la prima parte, all’ampio spazio dedicato alla fuga del protagonista, sorta di Rambo inseguito che conoscendo tutti i “trucchi” della foresta e delle montagne riesce con astuzia e forza fisica ad avere la meglio su nemici più numerosi e armati, senza tralasciare l’ampio utilizzo di sottotitoli, oramai tratto stilistico prioritario del regista di Braveheart. E persino nella costruzione visiva e scenografica è riscontrabile una similitudine. Pur nella differenza che c’è tra la grigia glacialità barbara del film di Nispel e la malarica accensione di Gibson, in entrambi i casi è evidente l’ansiosa ricerca di uno sguardo diverso, lontano, capace di avere un fascino primordiale e pagano, persino ipnotico nella sua selvaggia originalità.

Purtroppo alla lunga il film di Nispel risente – come in certo qual modo anche Apocalypto – di una eccessiva consapevolezza della propria muscolarità, come se bastasse moltiplicare impetuosamente un’idea di partenza o una scena d’azione o ancora l’impennata visiva di qualche secondo, per giustificare due ore di cinema, per andare oltre la farraginosa e prevedibile costruzione narrativa.

 

 

 

Titolo originale: Pathfinder

Regia: Marcus Nispel

Interpreti: Karl Urban, Russell Means, Moon Bloodgood, Jay Tavare, Clancy Clancy Brown, Ralf Moller
Distribuzione: 20th Century Fox

Durata: 99'
Origine:USA/Canada, 2007

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