"Planet Terror", di Robert Rodriguez

Un’opera liberissima, folle, senza regole: Planet Terror è l’anarchia della messa in scena, un film nel quale lo schermo diventa nuovamente il tessuto sul quale agire e sperimentare. Meno teorico del Death Proof Tarantiniano, ma non per questo da sottovalutare.

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------
Chissà dove andremo a finire, chissà cosa ci ritroveremo a vedere, a pensare, a scrivere, da qui a qualche anno. Con questo cinema che (ci) cambia, si (ci) trasforma, si (ci) contorce, un cinema che pensavamo di aver già visto e che invece continua a colmare il cuore e la mente. Un cinema che non ne vuole sapere di morire, o che forse è già morto (e che non a caso si apre sul logo R.I.P. – Rodriguez International Production), ed è meglio così . Come in Spy Kids, C’era una volta in Messico e, soprattutto, Sin City, a Rodriguez interessa l’annullamento del cinema, l’appiattirsi delle immagini su sé stesse fino alla dissolvenza. In questa ottica, senza ombra di dubbio, Planet Terror è il suo capolavoro: tutta la follia dell’autarchico regista texano raggiunge il suo ideale punto di non ritorno, in questo grande surrogato del postmoderno in cui ciascun limite viene ben presto superato.
Planet Terror esplode. Le immagini, esplodono. Il disfacimento dei corpi va di pari passo con quello della pellicola, i fotogrammi traboccano di gore con la stessa irruenza di come accadeva negli anni ottanta, e lo schermo diventa nuovamente il tessuto sul quale agire, sperimentare e, perché no, accanirsi. Planet Terror è l’anarchia della messa in scena, un’opera liberissima, folle, senza regole: un divertissement dichiaratamente vuoto, dove il messaggio sta nella forma. O meglio, il messaggio è la forma, perché se Death Proof rappresentava la testa e la mente del progetto Grindhouse, Planet Terror ne è la pancia: assolutamente non paragonabile alle vette teoriche del film di Tarantino, è vero, ma suo complementare nel progetto di riportare alla superficie ciò che si credeva sepolto.
Attuando una destrutturazione del plot che rimanda alla migliore tradizione del cinema bis italiano (da L’Aldilà e Paura nella città dei morti viventi di Lucio Fulci a Inferno di Dario Argento), il citazionismo di Rodriguez si rivela più sottile e stratificato di quanto non sembri, nonostante non manchino neppure strizzatine d’occhio ben più esplicite: Romero e, soprattutto, Carpenter, a cui Planet Terror deve sicuramente non poco, a partire dal commento musicale.
Chissà che cosa vedremo, penseremo e scriveremo tra qualche anno. Chissà dove ci porterà questo cinema così libero e vivo: se però l’attesa sarà segnata da esempi come Planet Terror, saremo ben lieti di viverla.
 
Titolo originale: id.
Interpreti: Rose McGowan, Freddy Rodríguez, Bruce Willis, Marley Shelton, Josh Brolin, Michael Biehn, Robert Rodriguez, Quentin Tarantino
Distribuzione: Medusa
Durata: 105’

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------
Origine: USA, 2007

 

--------------------------------------------------------------
CORSO COLOR CORRECTION con DA VINCI, DAL 5 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative