"I Vicerè", di Roberto Faenza

Faenza trasforma il classico di De Roberto in un innocuo melodrammone storico per prime serate Rai, allineando di fatto il suo film ad un genere consolidato, ma svuotandolo contemporaneamente di ogni traccia di passione visiva, di movimento, di vita. Un'altra occasione sprecata.

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Con I Vicerè il cinema italiano prova ancora una volta – l'ennesima, negli ultimi tempi – ad ostentare una forte vocazione all'attualità, a calare uno sguardo corrucciato sul presente, ad urlare la sua feroce indignazione per lo stato del Paese. Ed ancora una volta è un'occasione sprecata. Questo di Faenza è in fondo un altro capitolo del recente filone etico-sociale inaugurato dal Marra veneziano de L'ora di punta, con il cinema italiano che – nel momento stesso in cui provava a smascherare certo malaffare nazionale – smascherava clamorosamente sé stesso e la sua deprimente inadeguatezza.
Poi c'è stato il silenzioso passaggio romano dell'uomo privato di Greco, l'inedito documentario di Ascanio Celestini sullo squallida realtà dei call-center, l'apocalittico apologo familiare diretto da Soldini. Infine, i Vanzina: con la fantasmagorica e, quella si, confortante, ricognizione civile del loro 2061. Agli antipodi dall'inesauribile estro vanziniano, i Vicerè di Faenza confermano invece la sostanziale mancanza di intuizioni di un cinema che di buono sembra aver conservato solo alcuni(altissimi) propositi.
Un cinema letteralmente velleitario, senza più forze né slanci, che impugna ingenuamente il suo bravo classico della letteratura per far bella figura, per farsi prendere sul serio.
Faenza trasforma il romanzo di De Roberto in un innocuo melodrammone storico per prime serate Rai, allineando di fatto il suo film ad un genere consolidato, ma svuotandolo contemporaneamente di ogni traccia di passione visiva, di movimento, di vita. Assistiamo estenuati ad un riuscitissimo e letale procedimento di generale compressione dell'originario romanzo ottocentesco: come se gli autori fossero sciaguratamente riusciti, in fase di trasposizione, ad estrarne tutto l'ossigeno, ad estinguerne ogni energia, a schiacciarlo e confezionarlo come un sasso infiocchettato. 
Le solite, presuntuose, aspirazioni ad una dimensione culturale “alta”, risolte nel solito, squallido, pressapochismo italiota della generosità senza talento, del “famo na bella cosa”.
Più che a un film, ciò che viene fuori assomiglia ad un solenne e tetro carrozzone funebre: tanti bei costumi, scenografie curatissime, maschere ghignanti, lume di candela. 

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Regia: Roberto Faenza
Interpreti: Alessandro Preziosi, Lando Buzzanca, Cristiana Capotondi, Guido Caprino
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 120’
Origine: Italia, 2007

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