"Factory Girl", di George Hickenlooper

Da George Hickenlooper, il ritratto tutto di superficie di Edie Sedwick: grande cura per la ricostruzione della New York anni sessanta e attori perfettamente calati nei ruoli, ma Factory Girl non riesce a rappresentare nè il personaggio nè il suo mondo.

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Ascesa e caduta della musa di Andy Warhol, studentessa californiana in trasferta nella Grande Mela: l’ingresso nella factory, il cinema e la fama, la relazione con un carismatico folk-singer, la dipendenza dalle droghe e la morte, avvenuta nel 1971. Non era facile delineare il ritratto di una figura enigmatica e misteriosa come quella di Edie Sedgwick, così come non è mai facile realizzare una biografia al cinema, qualsiasi essa sia. Non è facile perché bisognerebbe avere il coraggio e l’umiltà di fare un passo indietro, di riconoscere che nessun film può neanche minimamente avvicinarsi alla sfuggevolezza e alla complessità proprie di una vita, di ciascuna vita; il genere del biopic è prevalentemente l’emblema di un’empasse, di uno smarrimento che è nostro come spettatori ma che è proprio anche e soprattutto del soggetto che viene rappresentato (come nel capolavoro Center Stage, di Stanley Kwan). Oppure si può volgere lo sguardo altrove e manifestare altri intenti, utilizzando il personaggio non esclusivamente in quanto tale ma come specchio di un mondo, di una società o comunque di un contesto sul quale riflettere. Factory Girl vorrebbe essere entrambe le cose: un po’ troppo, per un film solo. Hickenlooper affonda le mani nella New York anni sessanta, quella delle arti, dei movimenti e degli eccessi, limitandosi però a rappresentarne l’epidermide: la ricostruzione è certosina, il mimetismo degli attori (soprattutto Guy Pearce e Sienna Miller) notevole nonostante il doppiaggio, ma il film rimane il ritratto tutto di superficie di un personaggio che avrebbe meritato ben di più. Della bella e tormentata Edie Sedgwick non emerge nulla, se non il desiderio di approfondire privatamente chi e che cosa fosse: il rapporto tra lei e Warhol viene ridotto a pura e semplice gelosia del secondo per un cantastorie di passaggio, e pure sulla verosimiglianza di molte situazioni ci sarebbe da discutere (al punto che Bob Dylan ha minacciato procedimenti legali se la produzione non avesse tolto il suo nome dal personaggio, interpretato da Hayden Christensen). La confezione, poi, è di quelle da manuale per i primi della classe (immagini sgranate, offuscate, nervose, e non manca neppure lo split screen); il momento più commovente arriva sullo scorrere dei titoli di coda, quando i parenti e amici ancora in vita parlano della vera Edie: ma allora il film a che serve?

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Titolo originale: id.

Regia: George Hickenlooper

Interpreti: Sienna Miller, Guy Pearce, Hayden Christensen, Jimmy Fallon, Mena Suvari, Tara Summers
Distribuzione: Moviemax
Durata: 90’

Origine: USA, 2006

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