"Gli Arcangeli", di Simone Scafidi

Scafidi sottolinea l’impossibilità del cinema di poter anche per un attimo comprendere, segnare, appuntare visivamente la presunta abominevole sacralità martoriata da “sangue e sperma” del suo protagonista: una dimostrazione di assoluta onestà, una dichiarazione di una sconfitta del cinema che pareva prevista già in partenza. In programma sino al 20/01 al Cineclub Detour.

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Gli Arcangeli di SImone ScafidiSorprende, e nel momento in cui diventa cifra stilistica dell’intero film ne costituisce anche l’elemento di maggiore interesse, l’assoluta mancanza di cinema di cui (non) si compone questo Gli Arcangeli, secondo lungometraggio (coevo del docufiction Appunti per la distruzione, anch’esso del 2007) del giovane videomaker milanese Simone Scafidi, unico film italiano in concorso al MIFF 2007, e vincitore del premio per il migliore attore nella stessa manifestazione (Andrea Riva, anche co-sceneggiatore). Dunque alle immagini di Scafidi manca il cinema, è una notazione evidente ma che va ben al di là della freddezza ricercata (spesso latente lo squallore) del formato DV, ben al di là della lontananza esibita dell’obiettivo (spesso immobile sui totali, passivo illustratore ai margini della visione) nei confronti della realtà della messinscena, ben al di là dell’inseguita teatralità latente delle situazioni e della recitazione – al film di Scafidi manca il cinema perchè Scafidi è convinto che il cinema non c’entri, con la vicenda che vuole raccontare: Christian ha avuto una visione degli arcangeli il giorno in cui veniva battezzato, e dunque la sua esistenza è condannata a essere segnata dal dolore e dalla sofferenza. Passa così le giornate tra provocazioni gratuite verso parenti e familiari irrimediabilmente borghesi, e comportandosi in maniera maudit e ambigua con la ragazza che lo ama (la sempre miracolosa Francesca Inaudi di Dopo Mezzanotte e L’uomo perfetto); poi, di notte, dopo essersi fatto un paio di strisce di coca, si trasforma in un sadico quanto annoiato e prevedibilissimo torturatore di bambini, preti, prostitute anche incinte, mentre in colonna sonora si alza il volume del solito Bach: l’amico Luca (Fabrizio Raggi, visto in Shooting Silvio di Berardo Carboni) segue tutte le malefatte di Christian armato di videocamera sempre accesa e puntata sul compare – vuole girare un film su di lui. Ed è qui che Scafidi compie uno scarto importante per l’idea di cinema assente, scomparso, svanito, mancante all’appello, che vuole mostrarci con la sua opera: nemmeno per un istante, tolti un paio di brevissimi flash, vediamo la scena attraverso l’obiettivo della videocamera di Luca; né ci sarà mai dato di vedere alcun frammento del film finito, la cui proiezione viene annunciata nel finale – davvero Scafidi sembra allora sottolineare l’impossibilità del cinema di poter anche per un attimo comprendere, segnare, appuntare visivamente la presunta abominevole sacralità martoriata da “sangue e sperma” di cui il suo protagonista si fa portatore (la cui ‘visione’ degli arcangeli nemmeno ci è dato di vedere), che davvero così si dimostra incontrollabile anche all’occhio dell’obiettivo digitale: le sequenze oniriche sono quasi sempre ostentatamente distratte e arrabattate sino a rasentare la farsa, le frequenti scene di sesso sempre freddamente registrate con occhio clinico e disinteressato (tranne una molto bella tra Christian e Marlena/Inaudi con sottofondo dalla Cavalleria rusticana), quelle di violenza solo accennate e troncate di netto. Si tratta probabilmente di una apprezzabile dimostrazione di assoluta onestà da parte di Simone Scafidi, una dichiarazione di una sconfitta del cinema che pareva aver previsto già in partenza – eppure noi si continua a restare fieramente convinti al contrario della possibilità di un cinema che travalichi anche terroristicamente ogni limite e confine imposto anche dall’occhio (di chi gira), ponendosi all’incrocio tra la realtà, la vita, la passione e la finzione in una zona d’ombra di cui paradossalmente l’opera così apparentemente audace ed ‘estrema’ di Simone Scafidi sembra avere terribilmente paura. 
 
Regia: Simone Scafidi
Interpreti: Andrea Riva, Francesca Inaudi, Franco Branciaroli, Fabrizio Raggi, Nicoletta Maragno
Distribuzione: (dis)ORDET
Durata: 87’
Origine: Italia, 2007
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    2 commenti

    • Boh, sarà un po' strano come film, ma a me ha davvero colpito, ho visto alcuni momenti davvero potenti e quasi sconvolgenti. Non tutto fila, però è come una secchiata d'acqua gelata che risveglia dal torpore di questo cinema italiano conformista.<br />E che bella la Inaudi…

    • Finalmente visto. Difficile parlarne, è un film che lascia molte sensazioni, strane, sgradevoli, forti. Sicuramente è un film che non lascia indifferenti, un film diverso dai soliti 'italiani' sul mondo dei giovani. Da approfondire e rivedere