"Grande, grosso e… Verdone", di Carlo Verdone

L’omaggio di Carlo Verdone al suo pubblico si traduce in uno dei punti più bassi della carriera del regista romano: un film vuoto, senza idee, una riproposizione noiosa e stanca  delle sue maschere più famose. Un’operazione fuori tempo massimo, che vorrebbe aggiornarsi al presente senza avere nulla da dire.

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Assente dai grandi schermi dai tempi di Viaggi di nozze (1995), ritorna a furor di popolo la triade di personaggi più famosi e amati di Carlo Verdone, ovvero sia, nell’ordine, l’imbranato, il professore e il cafone. Il cinema “popolare” italiano di questi ultimi anni sembra aver riscoperto (per esigenze più di cassetta che altro) quella serialità che lo contraddistingueva un tempo, quando i personaggi più amati dal pubblico riempivano le sale con frequenza regolare: da Tomas Milian a Pierino, da Franco e Ciccio a Bud Spencer e Terence Hill. E così ora, nell’epoca delle riscoperte in dvd,  anche le nuove generazioni possono dire di aver ritrovato al cinema il Monnezza, Oronzo Canà, il terrunciello di Abatantuono e i protagonisti di la Mandrakata, solo per citarne alcuni. 

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Ma i tempi sono cambiati, e nonostante Verdone sia il primo a prenderne atto (“la gente non parla più come noi”, dice simpaticamente il protagonista del primo episodio), Grande, grosso e… Verdone non riesce ad essere per lui e il suo cinema quello che Rocky Balboa è stato per Stallone. Non fa piacere parlarne male, assolutamente: Verdone ci piace e crediamo davvero che – da degno erede di Alberto Sordi quale è stato più volte definito – con alcuni dei suoi film sia riuscito a fotografare un’Italia derelitta e superficiale, come pochi altri hanno saputo fare. Ma adesso no. Non più, perlomeno. Il canto del cigno di un certo suo sguardo sul mondo è stato Gallo cedrone, dieci anni fa: tornarci ora è fuori tempo massimo, troppo. Il suo cinema non possiede più quell’occhio divertito e pungente, e sembra ormai scollegato dalla realtà delle cose, come già faceva presagire l’irrisolto Il mio miglior nemico: si prenda ad esempio il secondo episodio, che tramite i personaggi dei due ragazzi adolescenti denuncia un pressapochismo e una falsità a dir poco irritanti. Nonostante la natura smaccatamente commerciale del prodotto (ma il cinema è un’industria, e non prenderne atto sarebbe ipocrita), nessuno osa mettere in discussione l’onestà dei sentimenti che un film come Grande, grosso e… Verdone si porta dietro: sentimenti innanzitutto d’amore, nei riguardi di un pubblico che non lo ha mai abbandonato e al quale si deve – pare – la paternità del titolo. Ma ciò non basta a celare la pochezza di questa operazione: vuoto, privo di idee, esageratamente prolisso, il film è davvero uno dei punti più bassi mai toccati dalla carriera di Verdone. Un film triste, che deprime quando vorrebbe far ridere e viceversa; un film che ripete stancamente i soliti clichè, una maschera tragica dei nostri tempi che vorrebbe parlare del presente quando invece non riesce a fare i conti con il proprio passato, limitandosi esclusivamente a fotocopiarlo. Un film che venti anni fa sarebbe stato popolato da uno stuolo di caratteristi di razza, mentre oggi mette in scena volti strappati dal loro contesto televisivo: non che la colpa debba essere attribuita a Verdone, ma anche questo purtroppo è segno dei tempi che corrono, e non si deve avere paura nel dirlo.

 

Regia: Carlo Verdone

Interpreti: Carlo Verdone, Claudia Gerini, Geppi Cucciari, Eva Riccobono

Distribuzione: Filmauro

Durata: 131’

Origine: Italia, 2008

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